Isabel: la scrittura che aiuta a vivere
L'Università premia la scrittrice legata al suo Paese e alla storia evocati nei suoi libri dai toni epici
Quando si dice laurea honoris causa è legittimo un pensiero un po' infastidito. Come dire: ancora una di quelle cerimonie cerimoniose, molte parole, discorsi affettati, persino il sospetto di marketing culturale, un certo compiacimento accademico - ed intellettuale - che abita talvolta dalla parte opposta della vita, dei sentimenti, dei sogni e delle rabbie. Ma è bello anche essere smentiti. Infatti oggi l'Università di Trento fa una scelta popolare. Proprio dalla parte della vita, dei sentimenti, dei sogni e delle rabbie. Basterebbe dire: laureano Isabel Allende, scrittrice. E ci si potrebbe tranquillamente fermare.
Sì, Isabel Allende appartiene al novero di quelle scrittrici e di quegli scrittori cui il termine popolare si ritaglia perfettamente. Senza che questo possa significare, neppure per un momento, lo storcere di naso che la critica letteraria spesso e volentieri assume, quando deve confrontarsi con autori che hanno saputo conquistare non solo e non tanto il successo, quanto soprattutto l'affetto dei lettori. Per questo oggi è un bel momento. Per questo domani lo sarà ancora di più quando chi vuole bene ad Isabel Allende, chi attende con impazienza il suo nuovo libro, chi pratica - e in questo è l'universo femminile ad essere di gran lunga più attento, più sensibile, più partecipe - il passaparola librario, fantastica garanzia sulla qualità e sulla bontà di un'opera letteraria, potrà incontrarla nell'appuntamento pubblico nella Sala della cooperazione. La laurea honoris causa, Isabel Allende, anche a Trento, l'ha conseguita da un bel pezzo. Oggi viene solo ratificata.
Giusto che lei ne sia felice, giusto che ne siano felici all'Università, giusto ancora di più che il popolo dei suoi lettori attinga all'occasione istituzionale per poterla incontrare. Viviamo in uno strano Paese, dove si fanno i festival del libro (frequentatissimi), ma dove si legge poco, pochissimo. Il riconoscimento alla Allende ha dunque certamente il merito di non rientrare nel novero delle comparsate letterarie ad uso e consumo di pochi. Nel riconoscere il valore del suo universo di scrittura, l'Università di Trento legge anche un percorso umano tutt'altro che facile. A depurare l'appuntamento di oggi da qualsivoglia rischio di barocchismi e leziosità, è la materia stessa della scrittura della Allende, così magicamente sudamericana, così corposamente femminile, così dolorosamente vera, così allegramente fantasiosa.
E' il suo scrivere con la pancia, come ama ripetere. Da quella sua pancia esce una totale adesione ad una idea del raccontare che è fisica, lo si può ben dire. Non stupisce che Isabel Allende citi, tra i suoi riferimenti letterari, la fantasia e l'erotismo delle Mille e Una Notte. E aggiunge: nella mia vita e nella mia scrittura sono state essenziali anche le autrici femministe degli anni Settanta e spesso subisco con forza anche l'influenza e la suggestione di un film. E come in un film, dovessimo cercare le inquadrature che resteranno a segnare la sua vita e dunque la sua opera - intimamente legate al punto da farle dire, era scritto sulle pagine di questo giornale, due giorni fa: racconto la mia vita a colori, in toni epici, sul grande schermo - ecco tre fermo immagine. Su quello schermo Isabel Allende rivede come fosse oggi l'11 settembre del 1973, quando il presidente del Cile, Salvador Allende, suo zio, si infilò l'elmetto in testa, afferrò il fucile ed andò ad affrontare la canaglia fascista, fino a morirne.
Isabel Allende ha guardato mille volte quella foto, o forse l'ha fatto una volta sola ed è stato come farlo mille volte. Quel giorno è stato lo spartiacque tra il prima e il dopo. Quel giorno l'urgenza della memoria, la necessità di chiamare a raccolta antenati, contemporanei e discendenti, come in una riunione di chi da tempo non si frequenta e dunque ha molto da raccontare, ha capovolto la vita di Isabel Allende. I golpisti ammazzavano lo zio e in quel momento la necessità di vivere ha trovato una sola, possibile direzione: la scrittura. L'amante perfetto. Su quello schermo Isabel Allende si rivede nei minuti, nelle ore, nei giorni, nelle settimane, nei mesi, passati vicino alla figlia Paula, che moriva. Scriverne, di quella morte, è stato per lei tornare a vivere, un poco alla volta. L'ha detto con disarmante semplicità (è questa la forza di chi è davvero popolare: frequentare la semplicità complessa dei sentimenti e dei pensieri, senza essere banali, senza essere superbi). Ha detto: ho passato un altro anno incapace di vivere, come paralizzata, scrivere è stato l'unico modo per tentare di attraversare il lungo e buio tunnel della sofferenza, di riprendere a camminare. Nel paziente esercizio della scrittura ha dato un senso al dolore, ha perso la paura della morte e ha ritrovato la figlia.
E così, non sembri irriverente l'accostamento, su quello schermo Isabel Allende rivede Antonio Banderas. Sì. Una notte ha sognato di arrotolarlo su una tortilla messicana e così come stava, mangiarselo. E' in quel momento che si è svegliata con una nuova voglia di vivere ed è in quel momento che è nata l'idea di Afrodita, un libro di afrodisiaci, di gola e di lussuria. Perché? Lei lo spiega così: una reazione sana, il riaffermarsi della vita, del piacere e dell'amore dopo aver percorso per molto tempo i sentieri della morte. Ci si permetta un consiglio. Oggi in Università, domani alla Sala della Cooperazione, Isabel Allende offrirà una opportunità rara. Lei sa di essere letta e amata. Le fa piacere, ovvio. Ma al riguardo ha aggiunto anche che proprio il grande successo le permette di vivere con un sereno distacco. Non sente nuove responsabilità. Perché quando scrive ha un solo lettore ideale in mente e scrive per lui o per lei. Cerca una voce intima, capace di comunicare emozioni. E, allora, tutti i lui e tutte le lei che oggi e domani vorranno incontrarla, a questo devono aspirare: essere ciascuno il lettore ideale, l'unico o l'unica che Isabel Allende ha in testa quando - ogni 8 gennaio - inizia a scrivere un nuovo libro.