In coma da quasi tre anni Diego a casa per Natale 

Il portiere di Cogolo. Canella, 26 anni, non si è più ripreso dopo l’infortunio sul campo di calcio nell’aprile 2017. Per il caso sono stati indagati 14 sanitari: chiesta una nuova archiviazione


mara deimichei


Trento. È tornato a casa, a Cogolo di Peio, il 20 dicembre dopo i 45 giorni trascorsi all’Eremo di Arco. È tornato a casa per Natale e anche ora è accudito dalla mamma, dalle due sorelle e dai parenti. Che da quel giorno di fine aprile del 2017 non lo hanno mai lasciato solo. Quasi tre anni sono passati da quel giorno, da quel giorno in cui Diego Canella - che ora ha 26 anni - entrò in coma dopo uno scontro di gioco, sul campo da calcio. E dal coma non è mai uscito. «Mia sorella è una persona meravigliosa, come lo sono le sue figlie e non lo dico perché sono il fratello e lo zio, ma perché è la verità». A parlare è Vittorio Penasa, zio di Diego, che da quel giorno ha fatto il possibile e l’impossibile per far rinascere la speranza di far risvegliare quel ragazzone che era nel fiore della vita e che quel tragico giorno era il portiere dalla sua squadra, la Redival.

L’incidente

Una ginocchiata involontaria lo aveva colpito alla testa sul campo di Mezzolombardo. Una ginocchiata che ha spezzato in due la sua vita. Ma non l’amore che c’è attorno a lui. «Abbiamo conosciuto tante persone gentili e disponibili - racconta ancora Penasa - tante belle persone che si sono prodigate per Diego sia per esserci con lui e con la sua famiglia, sia per raccogliere denaro che possa aiutare il suo percorso terapeutico».

L’archiviazione

E c’è poi la vicenda penale che aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 14 sanitari con l’accusa di lesioni colpose. Ed era sulla tempestività dei soccorsi che si fondava la denuncia presentata poco tempo dopo l’incidente dalla famiglia del ragazzo, che si era rivolta alla magistratura chiedendo di fare chiarezza, in particolare su eventuali ritardi nel prestare le prime cure al portiere solandro. La procura (che aveva coordinato l’attività del carabinieri del Nas) aveva chiesto una prima volta l’archiviazione ma la famiglia (che si è rivolta agli avvocati Marcello e Maristella Paiar) si era opposta. E il gip aveva disposto nuovi accertamenti. Ora, a distanza di qualche mese, la procura ha avanzato una nuova richiesta di archiviazione motivandola con il fatto che la consulenza tecnica richiesta è arrivata alla conclusione che i tempi del soccorso rientrano nei parametri previsti a livello nazionale. E ora? La famiglia ha deciso di non opporsi e il confronto con l’Azienda sanitaria si sposterà sul piano civile. Ma resta il dubbio. «La domanda che ci facciamo - spiega ancora Vittorio Penasa, lo zio di Diego - è questa: se il ragazzo fosse stato soccorso con l’elicottero e fosse arrivato prima, molto prima in pronto soccorso, la situazione sarebbe stata la stessa? Sarebbe ancora in coma?». Una domanda che probabilmente resterà senza risposta. Una domanda che fa male ma non fa venir meno l’amore e l’impegno che la famiglia mette nell’accudire Diego. «Mai fermarsi» è il loro motto. E lo dimostrano anche con i fatti.

La stanza

«In primavera - spiegano - inizieranno i lavori per creare un’ala della casa in cui riservare lo spazio per Diego con la sua camera, il bagno, la palestra. Uno spazio in continuità con l’abitazione ma che dia a tutti quelli che si occupano di lui, la possibilità di operare al meglio». E dopo l’Austria e Arco, la prossima tappa nel percorso terapeutico potrebbe essere Villa Rosa. Dove c’è la piscina, c’è la strumentazione necessaria per mettere Diego in acqua. «Ci servirebbe un miracolo» commenta ancora lo zio, provato da quello che la sua famiglia sta vivendo ma convinto e pronto, come tutti, ad andare avanti: «Mai fermarsi».

La solidarietà

Nelle difficoltà quotidiane che la famiglia incontra (fra queste anche la carrozzeria che non ha mai chiuso, nel ricordo di Diego) c’è la luce della solidarietà, delle tante persone che si sono strette attorno alla casa di Cogolo e che aiutano con piccole e grandi cose. Ed è un abbraccio che scalda il cuore.













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