Il vescovo Tisi: nella devastazione la scoperta del “noi”
La celebrazione. Messa nella chiesetta di Sant’Apollinare «Lo sfregio di tanti alberi ci ha ricordato la bellezza del Creato»
Trento. «dopo vaia è più evidente che la partita della vita è una formidabile triangolazione tra noi, la natura e il volto degli altri. e in questo momento non possiamo non tornare al dolore per michela ramponi e denis magnani, vittime di quelle ore di tempesta». lo ha detto ieri sera l’arcivescovo lauro tisi che ha celebrato una messa nell’anniversario della tempesta all’interno della chiesa di sant’apollinare a piedicastello, al termine della cerimonia civile che si era tenuta nella piazza del rione, all’interno di un tendone della protezione civile. «ancora una volta ci stringiamo attorno alle famiglie delle vittime - ha detto ancora il vescovo - consapevoli che la loro perdita non ha prezzo, non potrà in alcun modo essere colmata. il prezzo di una vita umana non è paragonabile ad alcuna foresta».
Anche l’arcivescovo, come già le autorità civili intervenute poco prima, ha messo in evidenza la risposta della comunità all’ondata di maltempo: «paradossalmente, vaia ha fatto emergere la presenza nel nostro trentino di uomini e donne che si sentono comunità. gli sguardi si sono uniti nel vento, le mani si sono intrecciate nel fango. le lacrime si sono asciugate a vicenda. nella devastazione, abbiamo scoperto la forza del “noi”» ha detto.
«la tempesta vaia ha messo in luce come l’atteggiamento migliore per stare nella vita, è lasciare porte aperte all’immaginazione, alla percezione della precarietà dell’esistenza che silenzia tante nostre facili sicurezze e apre alla frequentazione continua delle domande».
Infine l’arcivescovo lauro si è soffermato sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente: «la sofferenza davanti allo sfregio degli alberi caduti, ci permette di riconoscere che noi viviamo di bellezza, che la creazione è l’habitat del bello ed essa offre una casa anche all’animo umano. quando viene a mancare ci si accorge di quanto è importante. il cantico delle creature di san francesco manifesta in quest’ora tutta la sua profondità e forza. l’atteggiamento da assumere è esattamente quello del poverello d’assisi, che ha saputo contemplare con stupore il creato, percepirne l’enorme bellezza e utilità. e, contemporaneamente, ha cantato uno straordinario inno all’uomo chiamando “perfetta letizia” la frequentazione dei fratelli. questa non è poesia, questo non è folklore. è semplicemente la nostra vita» ha concluso.