la storia

Il calzolaio di Nago finisce nel presepe

Bepi Bertoldi da 70 anni esercita l’antica professione nel borgo gardesano: ora è una statua a grandezza naturale


di Sara Bassetti


NAGO. «Voi pensate che sia facile lavorare. Ma con tutta la gente che viene a trovarmi, è quasi un’impresa».

Fiabe, miti e leggende di ogni paese hanno spesso avuto come soggetto storie di scarpe e di calzolai, Cenerentola, Le scarpette rosse e Il gatto con gli stivali in primis; forse perché calzare scarpe è sempre stato segno di ricchezza, di potere e di creatività. In tutte le società il mestiere del calzolaio era ritenuto umile, ma la sua figura esercitava una grande attrattiva. La sua bottega era il luogo d’incontri e di riflessioni sui significati della vita e della creazione, sul nulla e sulla bellezza.

Giuseppe Bertoldi, meglio conosciuto come il Bepi, è lo storico calzolaio di Nago. La sua bottega non è molto grande, ma è accogliente, e forse anche un po’ bizzarra. Alcuni metri quadrati tempestati di oggetti di lavoro. Le scarpe sono ovunque, in un perfetto disordine ordinato, perché lui, il Bepi, sa esattamente dove deposita ogni paio. Ci sono molte foto appese al muro e qualche articolo, una piccola lampada, una grande macchina da finissaggio, la sedia su cui ogni giorno svolge la sua attività e, soprattutto, una sedia per gli amici.

Perché lui, «el calier de Nac», è il fedelissimo per eccellenza, ascolta i racconti della gente del paese e segue i passi di chi lo conosce. E quelle vicende diventano storie. Anche ogni scarpa ha a sua volta una vita, e Bepi è in qualche modo il depositario delle storie della zona. La sua professione è forse, purtroppo, uno di quei lavori in via d’estinzione, che sembrano cozzare con l’attuale modernismo.

Bepi, il custode di gesti antichi e di un’arte tramandata da generazioni, svolge questo mestiere da settant’anni, e sempre con lo stesso entusiasmo e la stessa passione. Un amore che riesce ogni giorno a trasmettere alla sua Nago, che quest’anno ha deciso di dedicargli una statua a grandezza naturale (realizzata dallo scultore Carlo Frapporti) del presepe allestito nella chiesa della Santissima Trinità, a pochi passi dalla sua bottega. Accanto ad un verduraio e ai personaggi tradizionali della sacra rappresentazione, con lo sfondo del «Pesarol» e rispettando il filone della tradizione partenopea, va in scena anche lui, ritratto mentre ripara un paio di scarpe, con la delicatezza che lo contraddistingue.

Sarà, ma ogni giorno Bepi apre la saracinesca alle quattro del mattino e, tra una chiacchiera e l’altra, incolla, cuce e lucida calzature di tutti i tipi. Una vera e propria forza della natura, che pesca dal cassetto dei ricordi con una lucidità disarmante. Percepire lo scorrere del tempo nella sua bottega è un’impresa impossibile.

Un po’ per le storie che escono dalla sua bocca, ricche di particolari e di colori, e che hanno un effetto quasi ipnotico. Un po’ per l’aria che vi si respira, che niente ha a che fare con la frenesia dei tempi attuali.

La visita nella sua bottega è finita. Fuori dalla porta d’ingresso gli amici non vedono l’ora di tornare sulla sedia degli ospiti.













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