IL CASO

Grisenti, ultima batosta: licenziato dalla Regione

Per l’ente è «un atto dovuto» dopo la condanna definitiva. Inviata nei giorni scorsi la lettera di contestazione a cui lui ha replicato: «Procedimento tardivo»


Chiara Bert


TRENTO. Condannato in via definitiva dalla Cassazione per corruzione propria, truffa e tentata concussione. Decaduto da consigliere regionale in forza della legge Severino. E ora anche licenziato dal suo posto di lavoro in Regione, in applicazione del contratto di lavoro che prevede la risoluzione del rapporto in caso di condanna definitiva per i reati di cui è stato giudicato colpevole.

Si compie nel giro di poco più di due mesi la caduta verticale di Silvano Grisenti, ex superassessore provinciale ai lavori pubblici con Dellai e poi ex presidente dell’A22, nonché fondatore e poi consigliere provinciale di Progetto Trentino. Ed è una parabola amara.

«Un atto dovuto, contratto di lavoro alla mano», è la spiegazione che filtra dalla Regione, «un atto amministrativo puro, non c’è interpretazione possibile». Nessun deliberato politico, dunque, anche se la giunta regionale ha preso conoscenza del licenziamento.

La Regione, sulla base del contratto di lavoro, nei giorni scorsi ha inviato a Grisenti una lettera di contestazione degli addebiti in relazione alla condanna. Lui ha risposto giudicando la contestazione tardiva, e sostenendo che gli addebiti sono gli stessi di 7 anni e mezzo fa, quando iniziò la lunga telenovela dell’inchiesta «Giano bifronte» sugli appalti pubblici in Trentino. La convinzione dell’ex assessore è che, se avesse voluto far scattare provvedimenti, l’amministrazione avrebbe dovuto farlo anni fa, visto che per i reati per cui è stato condannato in terzo grado Grisenti era già stato condannato in primo e secondo grado.

La vicenda potrebbe dunque non chiudersi qui e Grisenti potrebbe decidere di contestare il provvedimento.

Quando se ne andò in aspettativa per mandato politico, per entrare nella giunta comunale di Lorenzo Dellai - era il 1995 - Grisenti, geometra, rivestiva il ruolo di capo ufficio tecnico in Regione: a quei tempi, però, l’ente aveva ancora molte competenze e molti dipendenti. Quando, a fine 2008, lasciò il suo incarico di presidente dell’Autobrennero, annunciò che sarebbe tornato presto al suo lavoro.

Successe il 1° dicembre del 2008, quando il geometra Grisenti tornò in Regione con un nuovo incarico: l’amministrazione aveva infatti pensato di sfruttare le sue competenze in materia di gestione di progetti e nel volontariato, e così gli propose di coordinare gli interventi di solidarietà internazionale.

Ma poi la politica, la grande passione, tornò a chiamare. E nel 2013 Grisenti decide di rituffarsi nell’agone: fonda il movimento Progetto Trentino che alle elezioni provinciali conquista il 9% dei consensi e elegge quattro consiglieri, con il leader recordman di preferenze con 7605 voti personali. Sembra la rinascita, Grisenti è capogruppo e guida l’opposizione in consiglio (anche perché Diego Mosna si è da subito defilato) ma la tranquillità dura poco. Il 18 marzo 2014 la Corte d’appello di Bolzano lo condanna a un anno di reclusione per corruzione propria, truffa e tentata concussione. Grisenti viene sospeso dal consiglio provinciale in base alla legge Severino. Lo scorso marzo la sentenza della Cassazione che lo condanna in via definitiva, con l’aggiunta di dover pagare di tasca sua 150 mila euro di spese per le intercettazioni. Quindici giorni dopo scatta la decadenza dal consiglio e l’uscita di scena dalla politica. Ora l’ultimo capitolo: un licenziamento forse inatteso, che pesa sul piano umano prima ancora che economico.













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