Giallo nel Garda: ripescato un corpo

L’ipotesi è che possa essere quello della pornostar Federica Giacomini, scomparsa dallo scorso 9 febbraio



LAGO DI GARDA. Un involucro contenente resti umani, ripescato nel lago di Garda a 100 metri di profondità, potrebbe essere la svolta nel giallo di Francesca Giacomini, la pornostar di 43 anni nota come 'Ginevra Hollander', scomparsa nel nulla il 9 febbraio scorso a Vicenza. Una cassa di plastica è stata riportata in superficie nel pomeriggio a Castelletto di Brenzone dai sommozzatori della Polizia, seguendo le indicazioni precise di una persona che avrebbe visto gettare in acqua qualcosa di voluminoso da Franco Mossoni, l'ex compagno della donna, sin da subito sospettato della sua sparizione, già condannato in passato per omicidio, ora in ospedale psichiatrico. Le spoglie, avvolte in sacchi di cellophane neri, stretti con nastro adesivo, sono state portate all'istituto di medicina legale dell'Università di Padova. Se gli esami confermeranno il sospetto che si tratti di Ginevra, troveranno risposta le tante domande che gli investigatori hanno tentato inutilmente di porre a Mossoni, 55 anni bresciano, da febbraio rinchiuso in un ospedale psichiatrico dopo aver terrorizzato il personale dell'ospedale San Bortolo di Vicenza facendovi irruzione vestito da Rambo e con un'arma giocattolo. «Federica stava con me, ma ormai è finita...» è l'unica frase, ripetuta come una litania, che l'uomo ha detto in questi mesi, anche di fronte alle contestazioni sempre più stringenti: prima il sedile dell'auto, ritrovata nel veronese, sostituito con una sedia a sdraio, poi le tracce di sangue scovate su altre parti della vettura.

Quando la Polizia ha perquisito il suo appartamento, affittato e pagato da Francesca, così come tutti i conti della coppia, vi ha trovato balestre, coltelli, indumenti femminili e carte che facevano riferimento alla compagna. Sul passato di Mossoni un'ombra pesante come un macigno: l'omicidio di un coetaneo, Clemente Furloni, suo presunto rivale in amore, avvenuto nell'agosto del 1978 a Malegno (Brescia). Quando venne arrestato impugnava una 'Astra 38', la pistola di fabbricazione spagnola con la quale era stato compiuto il delitto. Le armi sono sempre state la passione dell'uomo, simpatizzante di estrema destra e frequentatore di campi paramilitari. Una vita disturbata quella di Mossoni, al punto che l'uomo si era convinto, come nel caso dell'irruzione in ospedale, che i servizi segreti stranieri fossero sulle sue tracce per eliminarlo. O a camuffarsi, prendendo in prestito le esistenze di altri. «Ma io lo conosco è il biologo» ha detto oggi, alludendo a Mossoni, uno dei passanti che hanno assistito al ripescaggio dei resti nel lago.













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