Festivi al lavoro? Il giudice dice no
Due dipendenti Obi si sono rifiutati di lavorare il 2 giugno: «E’ un loro diritto»
TRENTO. Durante i giorni di festa i negozi possono restare aperti, ma devono chiedere ai dipendenti la loro disponibilità a lavorare. È quanto stabilito dal Contratto collettivo nazionale di lavoro, ma è stata necessaria la sentenza di un giudice, per renderlo ben chiaro ai dirigenti dell’Obi, il negozio di bricolage e giardinaggio di via Brennero.
La storia è questa: due dipendenti dell’Obi, marito e moglie, hanno annunciato preventivamente ai loro superiori di non essere disponibili a lavorare il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica Italiana. Ciononostante essi sono stati inseriti nella lista dei turni di lavoro di quel giorno. Essendosi comunque rifiutati di presentarsi, i due dipendenti sono stati ripresi dai dirigenti e sanzionati. Consapevoli, però, dei loro diritti e appoggiati dalla Uiltucs (Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi), marito e moglie sono ricorsi alla via legale. E il giudice ha dato loro ragione.
Con il “Decreto Salva Italia” è avvenuta una completa liberalizzazione delle aperture dei negozi, che ora possono essere operativi ventiquattro ore su ventiquattro, tutti i giorni dell’anno. Nel Contratto collettivo nazionale di lavoro si sono però individuate dodici date, che coincidono con festività nazionali come il 25 aprile, Ferragosto o, appunto, il 2 giugno, nelle quali i dipendenti possono rifiutarsi di recarsi al lavoro. In quei giorni, infatti, l’azienda non può costringere i lavoratori a presentarsi, ma deve appurare preventivamente la loro disponibilità. Da contratto, inoltre, chi lavora durante le festività deve ricevere un aumento del salario giornaliero del 30%, chi invece decide di stare a casa ha comunque diritto allo stipendio normale.
«Nonostante tutto ciò sia stabilito dalla legge e sia stato più volte ribadito da sentenze della Cassazione, i datori di lavoro, spesso, lo ignorano, sfruttando così i loro dipendenti» afferma Vassilios Bassios, Segretario Provinciale della Uiltucs. «Nel caso specifico dei due impiegati dell’Obi» continua «non avremmo voluto ricorrere alle vie legali, ma siamo stati costretti a farlo. L’azienda ha infatti scelto una linea dura e non ha voluto instaurare un dialogo con noi».
Lo stesso problema si è già presentato più volte e, i sindacalisti della Uiltucs ne sono sicuri, si riproporrà. «Le aziendeapprofittano della crisi e del fatto che il mercato del lavoro non permette di trovare facilmente nuovi impieghi. Per questo motivo essi attuano spesso la forma del ricatto, ignorando i diritti dei loro dipendenti. I sindacati però non permetteranno mai una cosa simile».