lo scandalo 

Estorsioni e truffe, vertici Itas travolti

Era un tranquillo giorno di metà aprile quando è scoppiato lo scandalo dell’anno. Uno scandalo annunciato per gli addetti ai lavori e per chi frequentava i piani alti del palazzo dell’Itas, nel nuovo...



Era un tranquillo giorno di metà aprile quando è scoppiato lo scandalo dell’anno. Uno scandalo annunciato per gli addetti ai lavori e per chi frequentava i piani alti del palazzo dell’Itas, nel nuovo quartiere delle Albere. Da mesi, infatti, i carabinieri del Ros avevano fatto perquisizioni e raccolto materiale. Poi, è arrivata la decisione del pm Carmine Russo di chiedere al gip la misura della sospensione dalle funzioni del direttore generale Ermanno Grassi ed è scoppiato il caso. Uno scandalo con presunte estorsioni, truffe, spese pazze con Porsche e anche superattici da milioni di euro in piazza Silvio Pellico pagati dall’Itas, ma destinati a Grassi e ai componenti della sua cerchia di «divini», come amavano chiamarsi. Il direttore generale si è dimesso subito. Il presidente Giovanni Di Benedetto, che non è coinvolto nell’inchiesta penale, ha resistito fino a novembre e si è dimesso per forti contrasti con il cda. Dal punto di vista penale, il gip ha rinviato a giudizio cinque persone, lo stesso Grassi, Alessandra Gnesetti, l'ex funzionaria licenziata che, con la sua denuncia ha fatto partire le indagini, Paolo Gatti, ex dirigente di Itas Patrimonio, Roberto Giuliani, il titolare della Target sas di Villa Lagarina e Gabriele Trevisan , il referente della società Point rent car di Piove di Sacco.















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