Estorsione agli operai delle cave
Porfido. Condanna pesante (6 anni) per l’imprenditore Giuseppe Mario Nania, accusato di aver fatto firmare ad alcuni dipendenti una dichiarazione sotto la minaccia del licenziamento. Un lavoratore risarcito con 40 mila euro
Trento. «Firmate questi documenti o per voi ci sarà il licenziamento». Era accusato di estorsione nei confronti di alcuni dipendenti e per estorsione è stato condannato a sei anni di reclusione e 40 mila euro di risarcimento da pagare a favore del lavoratore. Siamo in primo grado ed molto probabile il ricorso in appello, ma quella del giudice è stata una condanna pesante contro Giuseppe Mario Nania, imprenditore del porfido originario di Reggio Calabria e residente ad Albiano, legale rappresentante della Anesi srl, ditta che aveva in concessione il lotto estrattivo numero 4 a Lases, in località Pianacci. Condannata anche la società che dovrà pagare una multa da 20 mila euro e per la quale è stata prevista anche un misura interdittiva, ossia l’impossibilità di partecipare a gare pubbliche per un anno.
Una condanna di peso per una vicenda che aveva destato scalpore. Tutto parte nel 2014 con una segnalazione da parte di un gruppo di lavoratori della cava al servizio minerario: hanno circa 100 mila euro di stipendi arretrati non pagati. Un credito importante, pesante. Dalla Provincia la segnalazione passa al Comune. Una delle condizioni per avere la concessione è quella di essere in regola con retribuzioni e contribuzioni. Il Comune di Lona Lases chiede quindi chiarimenti all’azienda. E la risposta, stando alla denuncia, sarebbe stata quella dell’estorsione. Il datore di lavoro si sarebbe quindi presentato a sei lavoratori dicendo loro di firmare un documento con il quale dichiaravano di aver ricevuto tutti i pagamenti dovuti sino al giugno 2014. Per chi non firma la conseguenza sarebbe stata il licenziamento. E la firma sarebbe stata apposta da tutti, tranne da un kosovaro che è stato poi licenziato. E che nel procedimento penale si è costituito parte civile. Ma quei documenti non bastavano perché la segnalazione del comportamento che appariva sospetto era già arrivata in procura dove è iniziato il procedimento pensale. Sono state sentite diverse persone e nel corso delle verifiche è emerso un altro profilo di reato. Ossia quello di truffa in relazione alla quantità di porfido estratto. Secondo l’ipotesi della procura (la pm era Maria Colpani) ci sarebbero state delle false attestazioni al Comune di Lona Lases nella dichiarazione trimestrali sostitutive di atto notorio ai fini della determinazione dei canoni. In sintesi la quantità di materiale grezzo cernita negli anni 2013 e 2014 sarebbe stata quantità inferiore rispetto al reale con un danno per le casse comunali di quasi 50 mila euro. Le accuse e le verifiche fatte hanno portato anche il Comune di Lona Lases a sospendere la concessione e, per quanto riguarda il profilo penale, hanno portato il dipendente kosovaro che era stato licenziato, a costituirsi parte civile con l’avvocato Alessio Giovanazzi. Una costituzione che è stata accettata dal giudice che ha anche previsto a favore del lavoratore il pagamento di un risarcimento di 40 mila euro.