Donna tamponata e uccisa Condannato automobilista
Un anno e dieci mesi per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza all’agente di commercio che, sull’A22, causò la morte di Maria Nives Ferrari
TRENTO. Un anno e dieci mesi per omicidio colposo, guida in stato di ebbrezza e per non essersi fermato dopo l’incidente in cui - il 3 marzo scorso sull’A22 - perse la vita Maria Nives Ferrari, 78 anni, di Ravina. Questa la pena inflitta dal giudice Giuseppe De Donato a Michele Veronesi, 36enne agente di commercio di Mezzocorona, assolto invece dall’accusa di non avere soccorso la donna. L’uomo avrà il beneficio della condizionale, subordinato però alla prestazione di lavori di pubblica utilità per sei mesi. Il giudice ha anche disposto la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per due anni.
Il grave incidente era avvenuto poco dopo le 22. Maria Nives Ferrari, proveniente da una famiglia rivana molto nota, già consigliera comunale e segretaria di Bruno Kessler, era alla guida della sua Citroen C1 quando, nei pressi del casello di Trento Nord, era stata tamponata violentemente dalla Bmw X5 guidata da Veronesi. Finita in testacoda, la vettura dell’anziana aveva urtato il guardrail, mentre la conducente - che non indossava le cinture - era stata sbalzata all’esterno, morendo sul colpo.
Veronesi, invece, si era allontanato lungo la strada provinciale, dopo avere scavalcato le recinzioni dell’A22 ed era stato fermato dai carabinieri a circa 2 chilometri di distanza, nei pressi del casello di Trento Nord. Gli accertamenti della polizia stradale con l’etilometro avevano constatato la presenza, nel sangue dell’uomo, di un tasso alcolemico di 1,40 grammi di alcol per litro, a fronte di un limite di 0,5.
Ieri il processo con il rito abbreviato. La pm Licia Scagliarini ha chiesto una pena di 3 anni ridotta 2, l’avvocato difensore Vasco Chilovi l’assoluzione per l’omicidio colposo e l’omissione di soccorso, il minimo della pena per la guida in stato di ebbrezza.
Il legale, avvalendosi di una perizia di parte, ha sostenuto che la donna avesse improvvisamente compiuto uno spostamento repentino verso la corsia di sorpasso. Il pubblico ministero ha però sottolineato come questa circostanza, peraltro non provata, non avrebbe modificato nulla nel quadro accusatorio. «Parliamo di un veicolo che non ha saputo arrestarsi, verosimilmente per le condizioni del conducente», ha affermato. Ha anche aggiunto che sull’asfalto non erano presenti segni di frenata. Quanto al fatto che la vittima non indossasse le cinture «questo non esclude la responsabilità dell’imputato, ma se ne può tenere conto nella quantificazione della pena e nell’ammontare risarcitorio».