Disabile su sedia a rotelle, negato il permesso auto
Invalida da 35 anni, si sfoga: «La polizia locale non mi ha rinnovato il contrassegno perché ero senza il certificato medico, pur con i verbali della Commissione»
TRENTO. Si è presentata allo sportello della polizia locale di Trento per il rinnovo del contrassegno per gli invalidi, che richiede alcuni documenti e la fototessera. Ma, la signora Clara Lunardelli, che scrive al “Trentino” precisando che da ben 35 anni è disabile e deve rinnovare il permesso ogni cinque, se ne è andata dallo sportello della polizia senza esserci riuscita.
Si sono appellati alla legge, spiega la signora. E la richiesta di un permesso auto che le spetta, visto che i documenti a sua disposizione provano una disabilità permanente, si è trasformata in un senso di frustrazione e di rabbia. Cosa è successo? Lo scrive Clara Lunardelli: «L’addetto all’ufficio e poi i funzionari responsabili coi quali ho voluto parlare mi hanno negato il rinnovo per mancanza di un documento - su carta bianca - del medico di base che attestasse il sussistere della mia incapacità a deambulare. Davanti a codeste persone, naturalmente, io sedevo sulla mia sedia a rotelle. Ho mostrato i due verbali della Commissione medica provinciale che avevo portato con me come incontestabili documenti, validi legalmente, sui quali è scritto che sono affetta da handicap grave permanente. Permanente vuol dire che non te lo cavi più! Mi osservano che questi sono datati 2013, con il chiaro intendimento della loro insufficienza. Non c’è stato verso, questi documenti non avevano alcuna validità per loro, valevano di più due righe del medico curante, righe che io stessa avrei dovuto dettare (in mancanza di modulo specifico da compilare), né valeva l’evidenza della mia persona».
Clara Lunardelli ha cercato di invocare il buonsenso, visto che i certificati da lei esibiti sono quelli richiesti da ogni pratica con l’ente pubblico. «Così dice la legge, mi ribattevano».
Non è servita l’evidenza della condizione della signora in sedia a rotelle, né spiegare quanta fatica costi vivere con l’handicap e dover assolvere a tutta una serie di prescrizioni burocratiche. «Ho invitato i funzionari (i quali sono al servizio del pubblico, dal pubblico pagati ed anche bene) - continua la lettera - a prendersi la responsabilità di scegliere e decidere. Perché di fare il lavoro in questo modo (passare da un foglio all’altro, contandoli) sarebbe in grado anche un bambino, un disoccupato, ecc. Perché sprecare tanto denaro pubblico? Ho sottolineato inoltre che, come rappresentanti del rapporto col cittadino, quando una situazione è rivendicata giustamente (parole loro), hanno il dovere di farsene carico, di segnalare a chi di competenza che determinate regole sono eccessive, insulse, dannose, e sono da modificare. Mi guardavano come fossi una aliena, come parlassi una lingua incomprensibile».
Lo sfogo di Clara Lunardelli si allarga ad una riflessione sulla società, perché questa «non può funzionare se chi la gestisce non fa uso della propria intelligenza». La conclusione amara è che «una totale sfiducia si impadronisce delle persone e le rende inutili, inesistenti. Questo è il male più grande che ci siamo lasciati costruire intorno».
Abbiamo provato a contattare il comandante della polizia locale Lino Giacomoni, per chiedergli se era al corrente dell’episodio ed eventualmente agire di conseguenza, ma non siamo riusciti a parlarci. «Dopo 35 anni di disabilità - commenta l’interessata - oggi non mi hanno rinnovato il contrassegno invalidi non perché fossi miracolosamente guarita, ma perché ai loro occhi era come se disabile non fossi». (sa.m.)