Diabete: in Trentino ci sono 28 mila casi
In piazza Duomo a Trento oggi si celebra la giornata mondiale per informare. La malattia colpisce sempre di più i bambini
TRENTO. «Siamo ormai alla pandemia, come?». Lo chiede, tra virgolette, la dottoressa Tiziana Romanelli, responsabile per l'Azienda provinciale della sanità del settore della diabetologia adulti. I dati del 2018: 28.000 casi “trentini” conclamati – quasi il 5 per cento della popolazione – cui si deve aggiungere una forte percentuale di chi ne è affetto e non lo sa. Oggi (domenica) in città dalle 10 alle 16 in piazza del Duomo, illuminata da luci blu, si celebra la giornata mondiale del diabete con medici e infermieri disponibili per ogni informazione. Va sottolineato un aspetto statistico ancor più sconfortante: a subire in questi ultimi anni un cospicuo aumento è il diabete giovanile con il quale siamo a quota 250 casi. Insomma, non siamo messi bene. O, almeno, in Trentino la diffusione della malattia è in misura omogenea al resto d’Italia. Per quanto riguarda il diabete giovanile, invece, (età dei pazienti compresa tra zero e 18 anni) la dottoressa Vittoria Couvin, coadiuvata dal dottor Roberto Franceschi, responsabile dell’Unità semplice di diabetologia pediatrica, precisa che «il fenomeno giovanile trentino registra uno dei più alti tassi di incidenza di tutto il Triveneto. Ogni anno - prosegue - in questo specifico centro provinciale “entrano” 15 nuovi piccoli diabetici che subentrano alla migrazione dei neo ultradiciottenni nell’ “esercito” dei diabetici adulti pareggiando il bilancio di 250 pazienti. C’è però un dato ancor più sconfortante: la soglia d’età di nuovi casi continua ad abbassarsi. Tradotto: vi sono veri e propri bambini già affetti da diabete.
Tralasciando tout court la differenza tra diabete di tipo 1 e di tipo 2, la dottoressa Tiziana Romanelli, mette in guardia: «Talvolta, o forse spesso, si diagnostica il diabete soltanto di rimbalzo da un’altra patologia. Esempio: disturbi alla vista o renali o cardiaci? Capita che lo specialista informi il paziente che a provocargli quel più o meno grave disturbo possa essere un possibile diabete»
Ma il diabetico trentino viene curato non soltanto con le medicine e con il suggerimento di stili di vita sana. Da tempo è emersa con sempre maggiore evidenza la necessità dell’ aiuto psicologico, soprattutto nel diabete pediatrico. Lo testimonia una madre di un figlio, oggi di 17 anni e diabetico fin dalla tenera di 3 anni: «L’aspetto psicologico è importantissimo perché devi scontrarti con il concetto di una cronicità non invalidante, ma molto impattante nel quotidiano».
Lo conferma la dottoressa Chiara Guella, psicologa e responsabile dello specifico settore, che sottolinea un ulteriore aspetto: «I genitori di un bimbo diabetico devono essere persuasi a convincere il figlio che in lui, diabete a parte, ci sono molte altre parti sane e ben funzionanti che lui può e deve esprimere cosicché si evita di spegnere in lui le risorse di cui dispone. Guai a mettere il bambino sotto una campana di vetro». E conclude: «Un grande merito va riconosciuto in questo campo alla Associazione giovani diabetici che, ascoltata, fa sentire la sua voce molto in alto, a Roma, al ministero della salute, ottenendo grossi risultati».
Infine il dottor Pietro Gianfranceschi, lo psicologo dell’Azienda sanitaria per i diabetici adulti, analizza il suo compito terapeutico. Spiega: «La scoperta della malattia, la sua accettazione e l'adeguamento sia ad uno stile di vita adeguato che ad una terapia piuttosto complessa richiedono uno sforzo emotivo non indifferente. Ecco che l’intervento dello psicologo ha lo scopo di accelerare e quindi stabilizzare nel diabetico la disponibilità nell’intraprendere questo percorso. Ho osservato anche che nei pazienti colpiti già da tempo dalla malattia, eventi o periodi di vita particolarmente stressanti alterano nel diabetico i delicati equilibri glicemici già di per sé compromessi rendendo difficile la gestione della terapia. Dunque, quello dello psicologo è un aiuto di notevole peso e importanza».