Dellai: «Più Europa per rispondere al populismo 5 Stelle»

Il capogruppo dei Popolari: «Il voto a Dorfmann rafforza le autonomie e il dialogo tra popolari e socialisti»


di Chiara Bert


TRENTO. «Abbiamo alle spalle anni di politiche di forte rigore che hanno causato problemi sociali e una crescita delle diseguaglianze, quindi non c’è da stupirsi del consenso alle posizioni populiste come quelle di Grillo. Ma noi dobbiamo dire forte che l’Italia si riprende se riparla di Europa e non se trasforma la campagna per le Europee in un cabaret nazionale».

Onorevole Dellai, eppure la campagna elettorale si sta concludendo proprio con un durissimo scontro in chiave nazionale tra Grillo e Renzi.

Purtroppo siamo alle solite, noi italiani viviamo la campagna elettorale per le Europee senza parlare di Europa ma utilizzandola per regolare conti domestici. È una prova di forza tra i principali attori, con un tentativo di reciproca delegittimazione e una polarizzazione negativa che attribuisce un ruolo di protagonista quasi esclusivo al Movimento 5 Stelle, un fatto solamente italiano.

I movimenti antieuropeisti vengono dati in crescita in tutta Europa. Quali rischi vede?

Sì, i movimenti populisti anti-sistema ci sono anche altrove, ma negli altri Paesi c’è anche una grande discussione sul senso dell’Europa che da noi manca e così stiamo perdendo una grande occasione.

L’Europa è vista soprattutto come fautrice di politiche di austerità. Quale può essere il messaggio per contrastare questa opinione diffusa?

Sì, le politiche di forte rigore hanno prodotto effetti sociali pesanti e oggi non c’è da stupirsi dell’alta adesione ai movimenti populisti come quello di Grillo, che propugnano una democrazia individualista. È un voto che non va demonizzato, ma capito. E a questa visione non possiamo più contrapporre le vecchie retoriche europeiste, dobbiamo contrapporre una visione aggiornata dell’Europa, l’Europa delle origini che ha costruito la pace e la crescita economica, l’Europa dell’euro tanto bistrattato ma che ha prodotto la stabilità. È un processo che oggi si è interrotto.

E da dove si riparte per costruire la nuova Europa di cui lei parla?

Per esempio parlando di giovani, rilanciando idee coraggiose come il servizio civile europeo. Puntando su ricerca e alta formazione, perché oggi la competizione dei cervelli non può avvenire se non a livello globale. E ricostruendo un ruolo forte dell’Europa rispetto al Mediterraneo, ai Balcani e ai paesi dell’Est Europa.

L’Upt ha dato un’indicazione prevalente di voto per il candidato Svp Herbert Dorfmann, ma non sembra aver convinto tutti. C’è chi - come il senatore Fravezzi - ha detto che voterà Pd. Sorpreso?

L’indicazione per Dorfmann è stata convinta e unanime e credo che vi si possano riconoscere tutte le sensibilità dell’Upt. Naturalmente vale poi il principio della libertà di voto per tutte le forze europeiste.

Ma non è contraddittorio che un candidato di un partito come la Svp, che ha un patto elettorale con il Pd, poi a Bruxelles entri nel gruppo del Ppe?

No, e questo proprio perché l’indicazione di Dorfmann non ha un valore solo domestico. Il voto per Dorfmann è innanzitutto un voto che ripropone la forza e il valore delle autonomie territoriali in un momento in cui si avverte il rischio della centralizzazione. Perché più c’è crisi e più scattano risposte populiste, saltano i livelli intermedi della democrazia comunitaria, e più ci si affida ai demiurghi di turno.

Resta il fatto che Dorfmann fa parte del Ppe mentre i vostri alleati del Pd appartengono al gruppo socialista, e le due visioni di Europa sono lontane.

L’altra valenza del voto a Dorfmann è proprio quella di favorire una presenza nel Ppe che non sia di destra, ma popolare e riformatrice. La sua elezione a Bruxelles può essere il segnale dell’esigenza che popolari e socialisti collaborino per il futuro dell’Europa. I popolari devono riflettere sull’errore commesso con il rigorismo senz’anima, i socialisti devono ridiscutere un modello di welfare che non può più essere quello degli anni ’70. C’è bisogno di un nuovo pensiero sociale europeo e di un centrosinistra europeo.

Ma i popolari sapranno andare oltre le politiche di rigore della Germania?

Le posizioni della Germania possono essere contestate ma senza Germania si rischia la fine dell’Europa, perché il modello tedesco, fortemente sociale, è quello che meglio ha retto alla crisi. E Dorfmann in questo senso può rappresentare un’idea di Europa fondata su un forte patto tra mondo latino e mondo tedesco.

L’esito del voto di domenica può mettere in crisi il governo Renzi?

L’Italia di tutto ha bisogno tranne che di un ritorno alle urne. Il nostro auspicio è che domenica prevalga un voto a favore del governo che confermi l’impegno europeista della maggioranza che lo sostiene. Ma sarebbe bene che dopo le Europee Renzi superasse l’idea di autosufficienza del Pd e rilanciasse la coalizione. Non può esserci una maggioranza politica a termine, dobbiamo avere il coraggio di presentarci insieme davanti agli elettori alle prossime politiche.

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