Dalla Croazia alle Viote per cucinare bio
Miroslav Bogunovic, origini serbe, in Bondone ha trovato il suo “rifugio” dove prepara piatti regionali a chilometro zero
TRENTO. La grande stanza da pranzo è diventata anche una galleria d’arte in quota, a 1540 metri di altitudine. «Non solo rifugio» dice tutto. Ora, per un mese, espone le fotografie di una coppia altoatesina, Hansjoerg e Monika Spornbeager, che hanno come soggetto i fiori del vicino giardino botanico. Miroslav Bogunovic, 43 anni, croato di origini serbe che con la moglie Alessandra (abruzzese laureata alla Sapienza di Roma) gestisce il rifugio Viote sul monte Bondone, ha pensato l’iniziativa «come una forma di avvicinamento al fondovalle, in rapporto con la città. Ovviamente - prosegue - ciò che si espone deve potersi adattare al luogo, alla sua natura. Dopodiché, si tratti di foto, quadri, sculture o installazioni mettiamo a disposizione lo spazio compatibilmente con la sua funzione di sala da pranzo. L’unica cosa che chiedo è che l’artista doni un’opera che poi viene messa sul giroscala che accompagna al piano dove ci sono le stanze. Anzi, approfitto per dire che ci fossero artisti che intendessero partecipare a “Non solo rifugio” basta che mi contattino». Da luglio 2012 il rifugio delle Viote ha riaperto dopo un paio d’anni di chiusura e Miroslav e Alessandra vivono lì tutto l’anno chiudendo solo nei mesi “morti”, a novembre e aprile. In compagnia di Nicola, arrivato da poco in famiglia, un sorriso che conquista. «Dovrebbe proprio essere il più piccolo Bondonero - afferma Miroslav - E’ ormai il principe della piane delle Viote». Il gestore del rifugio arrivò in Italia nel 1993 da Karlovac, città della Croazia sulla linea del fronte di una di quelle maledette guerre che hanno insanguinato la ex Jugoslavia. Preferisce sfumare. «Avevo trovato lavoro come lattoniere in una ditta di Brescia e poi arrivai per un lavoro a Rovereto - ricorda - ma la mia passione è sempre stata la montagna. Anche adesso, quando posso e c’è neve, mi dedico allo sci alpinismo. Una passione condivisa con Alessandra. Sta di fatto che in seguito ho fatto diverse stagioni nei rifugi, un po’ come servizio ai tavoli ma poco alla volta imparando il lavoro in cucina. Era già un aspetto che mi interessava, l’ho approfondito, mi sono applicato e adesso ai fornelli ci sto io. E le cose devo dire vanno bene, bisogna impegnarsi parecchio ma vedo che la gente ritorna e funziona il passaparola. Sì, siamo soddisfatti e poi mi piace vivere in montagna». In Bondone com’è arrivato? «Già quando lavoravo per una stagione in Lagorai con mia moglie ero intenzionato a rilevare quel rifugio perché sembrava che il gestore se ne volesse andare. Poi, non è stato così. In seguito sono venuto a sapere del bando qui alle Viote - afferma - e ho partecipato, contemporaneamente ad un altro in Bordala. Però lì non si sarebbe potuto vivere in rifugio e, potendo scegliere, siamo venuti qui». In cucina quali sono state le sue scelte? «Innanzitutto prodotti del territorio, a chilometri zero, freschi - sottolinea - Presi, per quanto possibile, direttamente dal produttore. Si tratti di carne come di verdura e frutta. Per me è fondamentale. Non sopporto roba confezionata, fast food e McDonald’s’. Ho cercato pure di non vendere la Coca Cola ma, insomma, ho dovuto cedere. I clienti la richiedevano». E in quanto a piatti, trentini, balcanici? Sorride, Miroslav: «Non facevamo parte, noi e voi, di un’unica nazione, fino a poco meno di una secolo fa? L’influenza non può che essere quella. Comunque, un paio di piatti che mi piace fare, i primi che mi vengono in mente, sono un antipasto di carpaccio di carne salada su letto di mela Melinda con una spruzzatina di aceto balsamico e poi la tagliata di coppa di maiale con prugne e mandorle. E, alla fine, sljivovica, offro io». Per il futuro ha qualcosa in mente? «Di rimanere qui, ci troviamo bene. A volte vengono a trovarci i genitori di Alessandra, recentemente è arrivata anche mia madre. C’è parecchia gente che gira. E poi ci sono le collaborazioni con il giardino botanico per il quale prepariamo, quando ci sono iniziative, antipasti con le erbe del posto e aperitivi. Curiamo anche l’accoglienza avendo 7 stanze con 18 posti letto. Insomma, ci stiamo dando da fare e siamo contenti di vivere il Bondone e tutto quello che offre».
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