Centro cooperazione, 12 esuberi Il presidente Raffaelli si dimette
Il caso. La Provincia ha confermato i tagli ai finanziamenti e così i licenziamenti diventano inevitabili L’altro ieri in assemblea dei soci l’ultimo drammatico confronto sui numeri, poi l’annuncio del presidente: «Lascio»
Trento. Mario Raffaelli non è più presidente del centro Cooperazione Internazionale di Trento. La decisione è stata annunciata all’assemblea dei soci l’altro ieri e sarà spiegata dallo stesso Raffaelli domani in conferenza stampa.
Non proprio un fulmine a ciel sereno, quanto piuttosto una decisione che il politico di lungo corso ha maturato negli ultimi mesi, di fronte a quello che a tutti gli effetti deve essergli parso uno smantellamento del Centro da lui presieduto. Decisione che poi è divenuta atto concreto dopo l’irremovibilità della Provincia di fronte alle richieste del Centro di ridefinire il piano triennale di finanziamenti decrescenti, pena la necessità di ricorrere a ben dodici esuberi. La posizione della Provincia è stata ribadita con fermezza l’altro ieri, nell’assemblea dei soci, da Raffaele Farella, dirigente del Servizio attività internazionali. Nessun passo indietro sui tagli del finanziamento provinciale. Di qui la scelta di Raffaelli di lasciare la presidenza.
Era la fine di luglio scorso quando la Provincia comunicava un taglio del budget per il 2019 del 30%. Vale a dire circa 300mila euro in meno su un totale di un milione. Poche settimane dopo, a fine agosto, per cinque dipendenti provinciali che da diversi anni lavoravano al Centro non è stato rinnovato il distacco: i cinque sono stati dunque tutti richiamati alle mansioni precedenti, chi nei vecchi uffici, chi alla cattedra temporaneamente lasciata.
La questione è stata seguita dal presidente Raffaelli con crescente apprensione. La pesante sforbiciata al budget che l’ente pubblico aveva prospettato per il prossimo triennio rendeva infatti impossibile continuare a mantenere l’attuale organico (è rimasta una quarantina di dipendenti, dopo il ritorno dei cinque in comando provinciale). Conti alla mano, per sopravvivere il Centro dovrebbe procedere a dodici licenziamenti. Contando i cinque già usciti, l’ente dovrebbe insomma proseguire la sua attività con ben diciassette persone in meno in organico. Troppe per non pensare che, così facendo, di fatto il Centro sta per essere smantellato. Nella quarantina di dipendenti attuali (nessuno dei quali finora ha ricevuto ancora formale annuncio di licenziamento) figura un buon numero di persone assunte con contratto a tempo determinato. Contratti in scadenza, per i quali era stata chiesta una stabilizzazione. Richiesta, anche questa, decisamente respinta al mittente.
Di qui la “grande rinuncia” del presidente Raffaelli, che ieri non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, rinviando ogni commento e spiegazione a domani. Evidente la sua rabbia di fronte a una situazione giudicata “intollerabile”.