Carcere, dopo la rivolta 100 detenuti trasferiti 

Si contano i danni (ingenti): fuori uso gli impianti, inagibili i laboratori  per le attività. Oggi l’autopsia sul corpo del giovane tunisino che si è ucciso


di Francesca Quattromani


TRENTO. Per rendere completamente agibile il carcere di Trento, dopo la rivolta di sabato, serviranno mesi. Già un centinaio i detenuti che sarebbero stati trasferiti ieri in altre strutture. Una cinquantina le camere di pernottamento, disposte su tre piani, inservibili. Fortemente danneggiati gli impianti elettrici, di riscaldamento e dell’acqua, molti detenuti hanno dormito su “brande” di fortuna sistemate in quelle stanze che sono state considerate consone, anche dal punto di vista del rispetto della legge, per quanto riguarda le capienze. Resta da quantificare l’esatto importo dei danni, che sono ingenti. «Le verifiche sono tutt’ora in corso. Si dovrà attendere l’esito del sopralluogo, stilare quindi un preventivo, verificarne l’idoneità, affidare i lavori. Saranno le procedure degli appalti a dettare i tempi» spiega la direttrice del carcere Francesca Gioieni.

Chiesta dalla Procura, sarà eseguita oggi l’autopsia sul corpo di Sabri El Abidi, 32 anni, il tunisino che si è tolto la vita nella notte tra sabato e domenica nel carcere di Trento. Ieri nel capoluogo l’arrivo del medico legale da Verona, mentre la Procura ha già delegato le indagini di polizia giudiziaria per ricostruire i fatti. L’ennesimo suicidio, il secondo in due mesi nella struttura penitenziaria di Spini di Gardolo, aveva acceso la miccia della rivolta fra gli oltre 300 detenuti, che hanno devastato gran parte del carcere. Un centinaio di questi sarebbero già stati trasferiti nella mattinata di ieri, mentre detenuti e agenti, insieme, si stavano adoperando per sistemare quanto possibile. Se su quest’ultimo aspetto la direzione della casa circondariale di Spini pone l’accento, sul primo invece nega, appuntando che lo spostamento dei detenuti dalla struttura di Trento (per gran parte inagibile) in altre carceri richiederebbe ancora qualche giorno. «Le pratiche amministrative del caso richiedono tempo» spiega ancora la direttrice. Necessario fare i conti anche con i numeri delle eventuali strutture ospitanti, dato l’affollamento di cui soffrono le carceri italiane. Ieri a Spini gli animi dei detenuti parevano essersi placati, dopo che con i vigili del fuoco in molti avevano lavorato fino a tarda sera, sabato. Si sono offerti volontari per ripulire celle e parti comuni. Laboratori, celle e passeggi però, ora possono ospitare molti meno detenuti e di fatto anche meno attività.













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