Carcere di Trento, personale all’osso: «Impennata di richieste di trasferimento»
Visita della consigliera provinciale Demagri con l’avvocato Valcanover: «Trasferimento delle competenze in Regione per migliorare la situazione»
TRENTO. Visita alla Casa Circondariale di Spini di Gardolo, a Ferragosto, per la consigliera provinciale Paola Demagri con la collaborazione dell’avvocato Fabio Valcanover. «Ad oggi si fa riferimento alla Sede di Padova ma nel 2018 si è avviato l’iter per chiedere che il Provveditorato venga trasferito in Regione certa che migliorerebbero le competenze in materia di personale, organizzazione servizi, invio detenuti e internati, rapporti con gli Enti locali e il Servizio Sanitario Provinciale», recita una nota di Demagri.
La visita si è tenuta per tutta la mattinata con particolare attenzione ad alcune tematiche: verifica situazione del reparto femminile, sovraffollamento, carenza risorse umane sia per quanto riguarda la Polizia Penitenziaria che del personale del settore infermeria-sanità, gestione tossicodipendenti, permanenza inappropriata di detenuti presso la Casa Circondariale.
«In base alla capienza detenuti la pianta organica prevede la presenza di 259 dipendenti nel ruolo di Polizia Penitenziaria che oggi è di 170 unità con un ricambio in questi giorni di 23 nuovi assunti e 25 trasferimenti. Un numero totale sottodimensionato considerato fra l’altro il sovraffollamento del carcere con 322 detenuti di cui 30 donne (nessun bambino presente) ed una capienza programmata da accordi Stato Regione di 240 unità. La carenza di personale mette a rischio sia la vita del personale stesso che dei detenuti rendendo impraticabili anche i progetti che prevedono il reintegro dei detenuti nella società. Ne deriva inoltre un impatto negativo sul funzionamento del carcere. Il sovraffollamento implica l’uso di celle trasformate in stanze da due a tre tre posti letto con evidenti disagi di convivenza che si trasformano poi in difficoltà gestionali ed organizzative».
«L’area sanitaria ha avuto momenti difficilissimi durante la pandemia (oggi 1 solo detenuto positivo) per la gestione dell’isolamento interno applicato per limitare la diffusione del virus ma anche per la gestione dell’isolamento da parenti e per i trattamenti sanitari nei casi di positività e sintomatologie correlate. Lo strascico delle difficoltà è ancora evidente in termini di stress del personale, reazioni verbali e fisiche dei detenuti, autolesionismo, problemi relazionali e gestionali. Il personale è impegnato a far fronte a moltissime problematiche per le quali non sempre è facile individuare di chi sia la competenza ma chi è in turno cerca di risolvere al meglio il problema attraverso la collaborazione tra Polizia e personale sanitario».
Per la consigliera provinciale Demagri «sono evidenti dei macro problemi che riguardano il personale sottodimensionato, l’assenza di supporto psicologico per il personale come forma preventiva da condizioni di stress e paura». Non mancano le «riflessioni sull’appropriatezza del ruolo dei vari professionisti. Va tenuta in seria considerazione l’impennata di richieste di trasferimento così come le recenti dimissioni in massa dei medici assunti successivamente con contratti migliorativi dal punto di vista economico».
«Non va inoltre tralasciato il problema legato alla tossicodipendenza dichiarata e non, alla gestione della stessa con terapie sostitutive. Il 90% dei detenuti assume psicofarmaci, è affetto da tabagismo; è garantita la possibilità di scolarità e lavori interni e all’esterno ( semilibertà) che gratificano i detenuti e li preparano al reintegro sociale. Altissima la possibilità di recidiva».
«Sono rimasta colpita dalla sensibilità e umanità di tutto il personale incontrato questa mattina - riferisce la consigliera Demagri - e dalla disponibilità alla visita ispettiva non programmata in una insolita giornata di agosto che anziché dedicare allo svago ho preferito usare per toccare con mano le problematiche di una realtà che ha tutti i diritti di essere attenzionata dalla politica locale».