Baci rubati al lavoro: condannato

Violenza sessuale: in appello pena da oltre un anno per l’imprenditore (assolto in primo grado)



TRENTO. In primo grado era stato assolto, ma la procura aveva presentato appello. E i giudici di secondo grado lo hanno condannato. Un anno, un mese e dieci giorni per violenza sessuale commessa nei confronti di una sua (ex) dipendente. Lui è Ferruccio Paolazzi titolare di una distilleria in val di Fiemme finito a processo dopo la denuncia di una donna che era stata alle dipendenze dell’uomo per un breve periodo. Un rapporto di lavoro - sostiene la donna - che si è concluso con le dimissioni proprio a causa di quello che era successo. E nella denuncia la donna parlava di baci rubati in ascensore e di palpeggiamenti sul seno.

Come detto in primo grado l’uomo (difeso dagli avvocati Pellegrini e Talmon) era stato assolto dal collegio. Una sentenza sulla quale aveva pesato il fatto che la donna avesse atteso la fine del rapporto lavorativo prima di denunciare l’accaduto. E anche che non ci fossero dei «precedenti» o comunque degli atteggiamenti simili dell’uomo nei confronti di altre dipendenti.

Una decisione che la procura aveva immediatamente appellato. Spiegando come la donna non si fosse immediatamente licenziata perché aveva un forte bisogno di lavorare. E forse sperava che l’episodio non si ripetesse. E di come non volesse lasciare in difficoltà l’azienda visto che il tutto era successo a ridosso di un periodo festivo dove il lavoro aumenta in maniera considerevole. Una decisione che - secondo la pm Colpani - andava a sottolineare come l’atteggiamento della donna non fosse vendicativo.

Un quadro complicato e delicato, sul quale la corte d’appello ha voluto «investigare» ulteriormente. E infatti ha riaperto l’istruttoria con il fine di ascoltare il racconto della donna. Che con tante difficoltà, vista la delicatezza dell’argomento, ha ripercorso quei giorni. Descrivendo quindi l’atteggiamento del suo datore di lavoro apparso subito molto «socievole» con complimenti seguiti da tentativi di palpeggiamenti e dei baci rubati all’interno dell’ascensore della azienda. Fatti che avevano portato la dipendente ha lasciare subito il posto di lavoro, ma poi a farvi anche ritorno. Questo sia per la necessità dello stipendio che perché pressata dall’uomo. E forse coltivava la speranza che la situazione si fosse in quel modo chiarita. E che non sarebbe successo altro. Ma anche i giorni successivo sarebbero stato difficili con l’imprenditore che avrebbe iniziato ad avere un atteggiamento quasi vessatorio nei confronti della donna. Tanto che alla fine lei si è licenziata. E poi ha presentato denuncia.

Una testimonianza che probabilmente ha pesato per i giudici che hanno riformato la sentenza di primo grado riconoscendo l’uomo colpevole di violenza sessuale (con abuso delle condizioni di inferiorità psichica della vittima) e condannandolo ad un anno, un mese e dieci giorni di reclusione. Con la sospensione della pena condizionata al pagamento del risarcimento (la donna si era costituita parte civile con l’avvocato Tasin) di seimila euro, Oltre alle spese legali.

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