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Arco, bimbo nasce alle 22.38 e «beffa» i nuovi protocolli dell’ospedale

Una donna è arrivata in ospedale ad Arco fuori orario: ma il travaglio era troppo avanzato per il trasferimento. E il bambino è nato domenica notte


di Gianluca Marcolini


ARCO. È arrivata all’ospedale a piedi, direttamente da casa, poco dopo le dieci di domenica sera, accompagnata dal marito e dal figlioletto, e a travaglio già abbondantemente in corso. A quel punto, secondo il protocollo, sarebbe dovuto intervenire l'Elisoccorso, perché è ciò che prevedono le nuove disposizioni volute da Provincia e Azienda sanitaria nel caso di emergenze che si verificano dopo le 20, nei giorni festivi, quando all'ospedale di Arco è assente il medico rianimatore.

Ma l’elicottero non ha neppure fatto in tempo ad alzarsi in volo dall’eliporto di Trento perché il parto, che l’altra sera ha creato non poche apprensioni al nosocomio arcense, è andato a termine in una manciata di minuti, fortunatamente (e per bravura degli operatori sanitari) senza problemi. La giovane mamma di origine nigeriana ha messo al mondo, alle 22.38 in punto, una splendida e sanissima bambina che rischia di essere tra gli ultimi nati all’ospedale di Arco in orario notturno. Un evento di per sé eccezionale (in Busa se ne ricorda uno simile molti anni fa ma all’ospedale di Riva) e la riprova che la struttura altogardesana è in grado di affrontare situazioni di questo tipo.

In realtà, quanto accaduto domenica sera evidenzia tutti i limiti del provvedimento introdotto dalla Provincia che ha pensato di risolvere la riduzione di personale (nello specifico la figura dell’anestesista) dirottando su Trento e Rovereto le varie emergenze ma scontrandosi, alla prova dei fatti, con una realtà ben diversa rispetto a quella preventivata. Se ne parlerà oggi, alle 18, in consiglio comunale ad Arco alla presenza dell’assessore Luca Zeni. Il parto di domenica è andato a buon fine ma l'assenza del medico rianimatore ha inevitabilmente alzato la soglia della “apprensione” nel timore di qualche complicanza. Impossibile, comunque, disporre il suo trasferimento in un altro ospedale: impensabile, per una donna che sta per partorire, affrontare un viaggio in elicottero (o in ambulanza) durante la fase espulsiva. Tra l'altro c'è stato pure il rischio concreto che la bimba nascesse in strada ancor prima di arrivare al Pronto soccorso.

I due infermieri e il medico di turno hanno immediatamente compreso che era ormai soltanto questione di minuti, a tal punto che non si è fatto neppure in tempo a salire in sala parto. E’ stato utilizzato uno degli ambulatori del Pronto Soccorso e da Ostetricia e dal Nido sono scese le due ostetriche, con tanto di termoculla, e poco dopo è arrivato anche il ginecologo. A rendere il tutto ancor più difficile sono stati i problemi di comunicazione fra i sanitari e la donna, che non parla italiano e capisce solo poche parole di inglese. Alla fine è andato tutto per il meglio. Mamma e figlia sono ricoverate in reparto in attesa di poter tornare a casa.

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