Al Santa Chiara le diete personalizzate

A breve la nuova gara d'appalto: ci saranno anche i prodotti biologici, Dop e Igp


Sandra Mattei


TRENTO. Il ricovero in ospedale non è mai piacevole. Se poi il paziente ha a che fare con pasti poco invitanti, serviti freddi o con aspetto respingente, si rischia di uscire con più problemi di prima. Un tema oggetto delle recenti linee guida del Ministero della salute, che invita a personalizzare i pasti e che viene recepito anche nella gara per il nuovo contratto per la ristorazione del Santa Chiara. Il bando di gara verrà pubblicato a breve ed il capitolato prevede prodotti di prossimità, fissando le percentuali di cibi biologici, Dop e Igp. Sul gradimento dei malati per il cibo degli ospedali italiani, è stata realizzata un'indagine dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane e dall'Istat, tra il 2007 e il 2009. Il 34,5% dei ricoverati dichiara di essere poco o per niente soddisfatti del cibo, anche se nella classifica del gradimento Bolzano è al primo posto, seguita da Trento. Fanalini di coda: Puglia, Abruzzo, Sicilia. Il fatto è che i pasti di scarsa qualità all'ospedale, possono diventare una malattia nella malattia: insomma, il paziente può guarire dalla malattia per cui è stato ricoverato, ma uscire malnutrito. Per evitare che ciò accada, le linee guida ministeriali prevedono che si facciano degli accertamenti sui pazienti al momento del ricovero, per capire i fabbisogni nutrizionali e intervenire con diete personalizzate. Ne parliamo con il dietologo Carlo Pedrolli, del servizio di dietetica dell'ospedale Santa Chiara, per capire lo stato dell'arte a Trento. «Nel nostro ospedale - afferma Pedrolli - vengono già applicate tantissime diete, a seconda dei reparti e delle esigenze diverse dei pazienti. Riguardo alle linee guida, noi non solo le abbiamo recepite, ma in alcuni passaggi le abbiamo ispirate. Il dottor Antonio Costa, primario del servizio dietetica, ed io siamo spesso chiamati a relazionare sul tema». La malnutrizione, ovvero il rischio che i ricoverati siano dimessi con maggiori problemi, coinvolge il 31% dei malati. «Una percentuale - commenta Pedrolli - rilevata in uno studio recente coordinato dal presidente Adi (Associazione dei dietologi italiani), professor Lucchin, primario del Servizio dietetica dell'ospedale di Bolzano. Un dato importante, però, in linea con quello europeo». Come evitarla allora, è quanto si propongono le linee guida. Che prevedono che al paziente, al momento del ricovero, siano misurati statura, peso e bisogni nutrizionali, da tenere sotto controllo ogni 7 giorni, fino al momento delle dimissioni. Di conseguenza, vanno adottate diete personalizzate con l'aiuto delle dietiste. Precisa, a questo proposito, Pedrolli: «E' evidente che la malnutrizione ospedaliera non avviene solo per demerito della struttura, perché ci sono anche fattori intrinseci al paziente, come l'età, la gravità della malattia, la severità della prognosi, che condizionano il suo stato di salute. Il nostro compito è fronteggiare gli aspetti "modificabili" della malnutrizione ospedaliera, prima di tutto riconoscendola con lo screening e, in secondo luogo, trattandola con tecniche di supporto nutrizionale che, via via, possono riguardare l'uso di integratori nutrizionali o anche tecniche come la nutrizione artificiale, mediante sondino naso-gastrico o la nutrizione parentale». All'ospedale Santa Chiara, inoltre, è stato introdotto l'indice di "costumer satisfation", questionari distribuiti ai pazienti con i quali ogni anno si rileva il gradimento dei pasti. «Di solito hanno un risultato discreto, - afferma Pedrolli - anche se tutto è migliorabile». Come nel caso, la scorsa estate, in cui ci furono lamentele per i cibi che arrivavano freddi in corsia. «Dopo quelle segnalazioni - assicura Pedrolli - abbiamo cercato di migliorare il servizio, anche se l'organizzazione spetta ai servizi alberghieri». Ora, la nuova gara d'appalto per la ristorazione, punterà su cibi ancora più sani.

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