Aiuti per il Guatemala, in tre nei guai
L’accusa è truffa aggravata alla Provincia per oltre 60 mila euro su progetti in favore dei malati oncologici pediatrici
TRENTO. Tre progetti di solidarietà internazionale. Tre progetti per aiutare giovanissimi malati oncologici e le loro famiglie in Guatemala. Tre progetti che avevano avuto un finanziamento da parte della Provincia per poco più di 60 mila euro. Tre progetti - secondo la procura - che non sarebbero mai stati realizzati. E così la pm Affinito ha chiesto il rinvio a giudizio per truffa aggravata per due membri dell’associazione trentina «Ora e Veglia» e per una dottoressa guatemalteca che avrebbe coordinato i lavori al di là dell’oceano.
La denuncia che ha dato il via alle indagini della guardia di finanza è partita da un ex membro della direzione della onlus che avrebbe puntato il dito sulla gestione del denaro pubblico destinato a tre progetti. Il primo definito «sopravvissuti» e doveva servire per aiutare la riabilitazione dei bambini e degli adolescenti sopravvissuti al cancro. Il secondo , «ponte», e il terzo «microazione» con la produzione di materiale didattico per assistenti di pazienti pediatrici in fase palliativa. Interventi importanti che erano il prosieguio del primissimo progetto che aveva portato alla creazione di un hospice per i piccoli malati di cancro.
Un progetto che era stato finanziato dalla Provincia e che aveva avuto l’«ok» dopo la visita dei controllori di piazza Dante sul campo. Questa iniziativa non rientra infatti nelle contestazioni che vengono mosse a Giorgio Amorth, Alberta Maistri e Aurora Castro Guerra, ma solo i tre progetti successivi. In particolare per la procura l’associazione «Ora e Veglia» avrebbe indicato, nella presentazione dei progetti umanitari, accordi e collaborazioni con associazioni locali che in realtà non ci sarebbero stati. E poi la procura contesta che nelle domande presentate si faccia sempre riferimento al primissimo progetto (quello controllato). Sotto la lente d’ingrandimento anche il passaggio di denaro direttamente dal conto dell’associazione a quello della dottoressa guatemalteca e le spese di viaggio sostenute per venire in Italia a prendere parte ad un convegno.
Date le accuse la procura ha chiesto anche il sequestro preventivo (per una cifra che copre quella della supposta truffa) a carico dei beni dei tre.
Una situazione alquanto complessa che va a toccare un settore molto sensibile come quello della solidarietà internazionale che anche in passato era finito fra i fascicoli del tribunale con il nome di altre associazioni.
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