Addio al trentino Buratti, re del Brunello
L’enologo, di Comano, era a capo di Castello Banfi: a lui si deve il successo strepitoso degli ultimi anni
TRENTO. Giovanissimo era sceso dal suo Trentino, per uno stage a Montalcino (Siena) dove ha scelto di restare perché innamorato dell'azienda per la quale ha lavorato 35 anni: Castello Banfi, una delle cantine più prestigiose e rappresentative del territorio del Brunello. Azienda che da ieri piange la scomparsa del suo enologo e responsabile della produzione Rudy Buratti, 56 anni. Perché Buratti è stato il vero re del Brunello.
Buratti, nato a Comano nel 1961, aveva frequentato l’Istituto agrario di San Michele e lì si era preparato in anni eroici, quelli in cui si osava e si cambiava il modo di fare vino. Era stato in classe con Gianni Gasperi, il noto enologo di Piné e aveva avuto Salvatore Maule come maestro. In Toscana è sceso a 22 anni per uno stage e lì è rimasto. A Castello Banfi dal 1983, Buratti ha lavorato al fianco dell'enologo-manager Ezio Rivella per quasi 20 anni, prima di assumere, a partire dal 1999, la totale responsabilità produttiva. Rudy Buratti si è arreso a una grave malattia e lascia la moglie e due figlie. «Quando sono arrivato in Banfi era il 1999 - ricorda l'attuale amministratore delegato di Castello Banfi, Enrico Viglierchio - e proprio in quell'anno Rudy divenne il responsabile di tutto il gruppo enologico e della produzione. Venivo da un mondo che non era quello del vino, Rudy fin da subito mi è stato vicino e tutto quello che so del mondo del vino me lo ha insegnato lui». «Ha dato un grande impulso all'azienda e molti sono i progetti avviati da una sua idea, a partire dal nuovo concetto di vinificazione 'Horizon'» che prevede, tra l'altro, un 'tino di fermentazione composito’ (inventato e brevettato da Banfi), metà legno di rovere e metà acciaio. «Un progetto che Rudy ha voluto a tutti i costi - sottolinea Viglierchio -. Mi rammarica il fatto che non potrà vedere molti dei risultati dei progetti messi in cantiere negli ultimi dieci anni grazie a lui». Buratti «è sempre stato un grande amante del Sangiovese e del Brunello, sia come vino che come sfida enologica in quanto è una varietà tra le più emozionanti per un enologo. C'è un ultimo vino a cui lui ha lavorato che uscirà tra qualche anno ma non possiamo dire altro di più». Ma «Rudy era anche un grande appassionato di vini bianchi, in virtù del suo bagaglio culturale trentino, e grazie a lui Banfi ha sviluppato un ottimo portafoglio di bianchi». A ricordare Buratti anche il Consorzio del Brunello di Montalcino, del quale è stato anche consigliere per un mandato. «I suoi 35 anni passati a Montalcino hanno lasciato segno profondo ed indelebile sia dal punto di vista professionale che umano. La sua carriera è coincisa con in periodo di crescita eccezionale per la denominazione e per il Brunello, crescita cui Rudy ha dato un contributo fattivo e determinante».