«Lavini, intervenire per proteggerli»
Tomazzoni: il referendum lascerebbe tutto com’è, ma la tutela del paesaggio richiede interventi. Il golf è solo un dettaglio
ROVERETO . L’inaugurazione della mostra dedicata all’area dei Lavini è stata anche il momento in cui, in maniera provocatoria, il M5S con il suo consigliere Paolo Vergnano ha lanciato il referendum per impedire interventi sull’area. Una posizione legittima, dalla quale però l’assessore Maurizio Tomazzoni dissente, e anzi mette in guardia: «Non intervenire significa lasciare al degrado un enorme capitale paesaggistico, rinunciando così alle prospettive di reddito che deriverebbero dalla sua tutela». Secondo Tomazzoni, tutta l’area dei Lavini va invece tutelata, al di là delle posizioni sulla creazione del campo da golf. «È riduttivo valutare solo questo aspetto, parliamo di un’area che va dall’osservatorio astronomico al biotopo, e che comprende uno dei siti paleontologici di maggior rilievo europeo, quello delle impronte dei dinosauri, che si sta sgretolando proprio perché portato alla luce e dunque non più protetto dal terriccio e dalla ghiaia. Tutelare il paesaggio non significa abbandonarlo a se stesso, ma affrontare una serie di interventi puntuali riconducibili a un’unica logica». Dal punto di vista pratico, come si spiega sotto il profilo della tutela del paesaggio la creazione di un campo da golf? «Stiamo parlando di un’area molto piccola a paragone dell’intera zona dei Lavini, ed è al momento una zona abbandonata che si trova a fianco del campo nomadi e dietro la Zona industriale. Non c’è alcuna tutela, in questo momento, l’area non ha alcun pregio e continua a degradrasi. Il golf rimane un’ipotesi, capace di rivalutare un terreno che si trova su un’ex discarica, e comunque contribuirebbe al processo che vogliamo costruire assieme». Sarebbe? «Un processo di pianificazione complessiva di cui la mostra all’Urban center è solo la prima tappa. Finora della tutela del paesaggio abbiamo lasciato che se ne occupi la burocrazia, che per sua natura, con grande rigidità, tende a impedire ogni intervento dell’uomo. Il nostro vuole invece essere un esperimento in una direzione diversa, cioè prendere in considerazione tutta l’area per rivalorizzarla e trasformare in realtà le potenzialità che la possono trasformare tra una zona degradata a una fonte di reddito. La mostra all’Urban Center serve proprio a fare di questo iter un percorso di pianificazione condivisa. È un passaggio culturale ».
Intervenire significa modificare. «Certo, e con la finalità della tutela ben presente. Abbiamo a che fare con un territorio che finora ha sempre vissuto aggressioni. Alcune orme di dinosauro si sono già sgretolate, per tutelarle si potrebbe pensare una grande struttura in vetro che permetta di conservarle e renderle più accessibili, migliorando anche i percorsi. Progettazione paesaggistica significa usare materiali innovativi, mettere in atto un progetto che tuteli il paesaggio davvero. La famosa frana dell’800, la “Ruina”, è a sua volta un esempio unico di smottamento, avvenuto in più fasi, con successivi crolli, che si potrebbe rendere visibile e studiabile. In alcuni casi disboscando, dove gli alberi hanno nascosto gli effetti della frana sul territorio. Dobbiamo tenere a mente che oggi, lasciando il governo del territorio alla burocrazia, non stiamo tutelando nulla». Il referendum dunque non serve? «Il referendum è la contrapposizione all’intervento. Significa lasciare tutto come sta, cioè nel degrado».
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