«L’aiuto vero non è materiale ma costruire una relazione»
Solidarità. Dopo 28 anni lascia la guida della Caritas roveretana per un nuovo incarico a Trento. Tra nuove emergenze e vecchie povertà, uno sguardo su risorse e debolezze della nostra città
Rovereto. Era da 28 anni coordinatore della caritas e del centro ascolto di rovereto: dieci giorni fa massimo ferrari è stato sostituito da simona ticchi, coordinatrice del cedas di trento, e si è spostato nel capoluogo per iniziare una nuova esperienza con la caritas di trento.
Qual è secondo lei la cosa più importante da sottolineare riguardo all'azione della Caritas sul territorio?
Il primo concetto che mi viene in mente è senza dubbio la dimensione della collegialità: l'azione caritativa è, e dev'essere, uno sforzo condiviso, in cui molteplici attori si mettono in gioco per aiutare chi ne ha più bisogno. Sul territorio della Vallagarina abbiamo, negli anni, creato una rete di oltre 200 volontari, instaurando relazioni con realtà già esistenti, come per esempio il Convento dei Frati, con i quali abbiamo collaborato per organizzare e coordinare la mensa dei poveri, o con il Terzo Ordine Francescano, con cui abbiamo realizzato il servizio di raccolta indumenti, oggi evoluto nel progetto “Altr'uso”. Un'altra questione da sottolineare è la natura stessa del gesto caritativo, spesso pensato in termini puramente assistenzialistici: non basta dare alle persone beni materiali, bisogna instaurare una relazione, accompagnare chi ne ha bisogno in un percorso che li faccia uscire dalle situazioni in cui, per un motivo o per l'altro, sono finiti. Anche nei casi più disperati c'è sempre un qualcosa di positivo che una persona è in grado di offrire, e proprio da lì bisogna partire.
Quali sono stati i momenti più significativi di questi 28 anni?
Non posso citarli tutti, sono troppi. Un passaggio molto importante che vorrei ricordare è stato il processo di regolarizzazione per le badanti. Grazie alle attività di osservazione ed ascolto del Cedas abbiamo ottenuto risultati importanti nella risoluzione di questo problema, dopo che tutte le Caritas del triveneto hanno fatto richiesta ufficiale di regolarizzazione, infatti, è arrivata una sanatoria a livello nazionale, che ha permesso il riconoscimento dei diritti umani e civili di queste persone.
Un arco di tempo così significativo avrà visto cambiare radicalmente anche i bisogni e le emergenze.
Sì. Nei miei primi anni di attività ricordo la grande emergenza della tossicodipendenza, specialmente dovuta al consumo di eroina, una situazione che oggi non possiamo dire risolta, anche se altre dipendenze pongono problemi di tipo diverso. Ma tra le tappe più significative ricordo anche la realizzazione del “progetto freddo”, sfociato nella nascita del dormitorio Chilometro 354, ed ancora il servizio mobili, (che garantisce a chi ne ha bisogno la possibilità di ottenere, gratuitamente o dietro una libera offerta, l'arredamento per la casa ndr) che ha permesso a molte persone di riacquistare la dignità e che è tutt'ora presente in tutta la Vallagarina.
Per la sua esperienza, quali sono invece i problemi più attuali nellalzona di Rovereto e della Vallagarina?
In questo momento ci stiamo occupando di problematiche direi “nuove”, ma senza dimenticare le criticità che affliggono il territorio da anni. Una “novità” emersa negli ultimi anni è la presenza di molteplici situazioni di fragilità nelle persone: alla povertà si aggiunge la tossicodipendenza, la solitudine, la depressione e via dicendo. Un tema importante oggi è per esempio la gestione del denaro, non solo nei confronti del crescente problema della ludopatia, ma anche, più in generale, nel modo in cui le persone decidono di spendere i loro soldi. Spesso senza una consapevolezza sufficiente delle effettive capacità di spesa di cui si dispone.
Una realtà che fa a pugni con l’impostazione tradizionale dei roveretani e dei trentini.
Abbiamo negli anni importato uno stile di vita “all'americana”, che ci spinge a vivere sopra le nostre possibilità e che, nel lungo andare, rovina la vita a molte persone. Che senza rendersene conto scivolano in una situazione dalla quale non riescono più ad uscire, finendo per esserne schiacciati.
Una delle forme di un disagio, di una difficoltà del vivere, che sta assumendo proporzioni allarmanti. E della quale anche l’aumento dei suicidi è sicuramente un drammatico sintomo.
Quello dei suicidi è un altro tema di triste ed urgente attualità, specialmente nei giovani. Stiamo lavorando per accompagnare chi soffre in percorsi riabilitativi, ma c'è ancora molto lavoro da fare per risolvere quella che negli ultimi anni è diventata una vera e propria emergenza. Anche la cura degli anziani, soprattutto nei riguardi di quelli più soli, è un problema sempre più attuale. Anche qui pensiamo che la soluzione sia il contatto umano, le relazioni tra persone: bisogna recuperare i valori di solidarietà, in primis nel nucleo familiare, piuttosto di ragionare sulla possibilità di erogare più servizi.
Nei suoi 28 anni di lavoro la situazione in città è migliorata?
Senza dubbio abbiamo visto miglioramenti sostanziali in molti campi. Chiaramente oggi ci sono nuove problematiche, che richiedono nuovi approcci e nuove soluzioni, ma il volontariato e l'associazionismo sul territorio sono due grandi valori che non mancano nella nostra comunità. Colgo quindi l'occasione per ringraziare dal profondo del cuore tutte le persone, dai volontari a chi è stato aiutato, per il grande lavoro svolto in tutti questi anni. Un grande grazie anche ai collaboratori più stretti, come Roberta Sighele, ed ai parroci, sempre presenti nell'aiutare chi ne ha bisogno. Oggi vedo una Rovereto con grandi potenzialità che possono essere sviluppate. Bisogna continuare a lavorare per favorire il continuo rinnovamento delle associazioni e per migliorare il coordinamento fra le varie realtà caritative sul territorio.