Il giudice: «Il figlio di due madri va registrato all’anagrafe» 

Sentenza storica in tribunale. Per sette mesi il bambino è rimasto “orfano” per il Comune, senza diritti né servizi Le due donne: «Non ci aspettavamo una tale resistenza». L’avvocato Schuster: «Ora valutiamo di chiedere i danni» 



Rovereto. È un precedente che farà giurisprudenza, come si dice. Perché è la prima volta nel nostro diritto viene affermato che un Comune italiano è tenuto a rispettare un atto dello stato civile creato in un altro Comune, pena minare la coerenza del sistema. Il tribunale di Rovereto ha deciso che Davide, il bimbo nato dall’amore di due donne, di cui una è la partoriente, ha diritto ad essere riconosciuto dall’anagrafe cittadina, che a novembre scorso aveva rifiutato di registrare il bambino. Il quale da giovedì ha la propria carta d’identità. Davide era nato fuori dalla provincia di Trento, e l’atto che riconosce ad entrambe le donne la genitorialità era stato formato nel Comune di nascita, ma il Comune di Rovereto, dove la famiglia si è trasferita, aveva opposto un muro. Di conseguenza il bambino non era stato registrato come figlio non solo della coppia, ma nemmeno della madre partoriente. In sostanza, era come se non esistesse, e senza documento d’identità non poteva nemmeno viaggiare, né si poteva registrarlo in albergo, per non dire dei problemi per la maternità con l’Inps, e dell’iscrizione al nido, rifiutata perché il bambino «non risulta residente» .

Il ricorso al tribunale

Da qui il ricorso al giudice, che con decreto e il parere favorevole della Procura e del giudice tutelare ha accolto le argomentazioni del legale della coppia, l’avvocato Alexander Schuster

Per il giudice non è concepibile che una persona abbia una famiglia e una identità in un Comune italiano e tutt’altra identità in un altro Comune. I registri dello stato civile devono essere coerenti. Se ogni ufficiale dello stato civile potesse mettere in discussione quanto fatto da un collega, uno potrebbe trovarsi sposato in una parte d’Italia e divorziato in Italia, avere un genitore in un angolo del Paese e un altro altrove. Il tribunale roveretano ha stabilito «un soggetto non può avere status diversi nell’ambito del territorio nazionale». Mettere in discussione gli atti formati in Italia è una competenza dei pubblici ministeri, non dei sindaci. Ma la sentenza va oltre, e stabilisce che non c’è sostanziale differenza tra una coppia eterosessuale con figli ottenuti con la fecondazione eterologa e una coppia omosessuale nella stessa situazione non c’è differenza. «Il diritto alla bigenitorialità e al mantenimento dello status di figlio deve essere quindi riferito alla coppia genitoriale, qualunque essa sia» è scritto nella sentenza. «Potevamo immaginare che il sindaco di Rovereto potesse obiettare al riconoscimento della co-madre, non essendo mai stato vicino a famiglie come le nostre, ma mai avremmo immaginato che si arrivasse a negare a nostro figlio anche la madre che lo ha portato in grembo. È rimasto un fantasma in Italia per sette mesi, senza nemmeno l’accesso ai servizi per l’infanzia».

Ora la richiesta danni

L’avvocato Schuster affonda il colpo: «Abbiamo trattato in quest’ultimo anno decine di situazioni simili, ma in nessuna parte d’Italia mi era capitato un Sindaco che rifiutasse una regola presente in ogni epoca e civiltà umana: non si può negare alla donna che ha partorito e che vuole accudire suo figlio di essere madre. La gravità è tale che adesso valuteremo un’azione di risarcimento dei dasnnu subiti»













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