Un secolo dentro la storia del reduce di Stalingrado 

Oggi Peter Moltrer, nato a Fierozzo, compie 100 anni. Dopo l’«opzione», nel 1940 fu arruolato nella Wermacht, catturato e rimase prigioniero dei russi fino al 1949


di Roberto Gerola


FIEROZZO. Festa oggi per il traguardo dei 100 anni di Peter Moltrer di Fierozzo. Reduce di guerra e in particolare di Stalingrado dove combatteva per la Wermacht ed è sopravvissuto dopo quattro anni di prigionia in Russia. Sarà festeggiato dai familiari, da alcuni amici, ma soprattutto da alcuni suoi compaesani. Per la verità abita a Povo da anni, ma i fierozzani lo hanno “scoperto” una ventina d’ anni fa. Gli alpini gli avevano consegnato un riconoscimento come “reduce” (insieme ad altri). Poi, ogni anno, lo hanno incontrato per il compleanno. Quest’anno, i primi di luglio, era anche salito a Fierozzo dove ha ancora molti parenti, in occasione della cerimonia alla Feldkapelle, pur rimanendo in paese.

Era nato il 21 gennaio 1918: 9 mesi e 15 giorni dopo, si dissolverà l’impero austro-ungarico. La stessa tragedia sarà vissuta da Peter Moltrer 25 anni dopo nel gennaio del 1943 tra le macerie di Stalingrado accerchiata dai russi. Peter Moltrer aveva vestito la divisa della Wermacht e come tale si era trovato a combattere prima in Francia poi appunto in Russia. Ma la sua situazione è stata anche dimostrazione di quanto successe in valle e in non poche famiglie che hanno visto mariti o figli combattere di da una parte chi dall’altra. Peter era con l’esercito italiano al momento della leva. Poi con la firma dei documenti secondo l’”opzione” si ritrovò con Wermacht fin da subito. Invece, il fratello Alois combatté con l’esercito italiano fino all’8 settembre 1943 e passo poi con la Wermacht per cadere il 30 marzo di due anni dopo nel difendere Berlino dai russi.

Peter Moltrer svolse il servizio militare nella primavera del 1939 a Verona in quei reparti (la Divisione Acqui) che poi sarebbero finiti massacrati dai nazisti a Cefalonia l’8 settembre 1943. Ma il 23 giugno 1939, Mussolini e Hitler firmarono quell’accordo che prevedeva che le popolazioni germanofone potessero scegliere tra Italia e Germania, dando vita alle “opzioni”. Peter, nel dicembre 1939, si recò a Bolzano e scelse la Germania aderendo alla propria identità etnica insieme a molto altoatesini e valligiani mocheni e di Luserna. Fu uno degli ultimi a firmare ma fu anche tra i primi (era l’8 gennaio 1940) a vestire la divisa tedesca e spedito a Rüttlingen, città tedesca del Baden Würtember. Qui lasciò le sue cose e il recapito per la paga a una famiglia tirolese (ritroverà cose e anche i marchi in banca). Dopo la rapida invasione di Belgio e Olanda con l’aggiramento della linea Maginot in Francia, Peter Molter si ritrovò a Bordeaux nei reparti di riserva fino all’agosto 1941. In licenza nell’aprile dell’anno successivo, tornò a Fierozzo dove ritrovò il fratello maggiore Alois (appunto con la divisa italiana).

Nel maggio del 1942, il reparto di Peter (il battaglione di Panzer Granadiren) venne inviato in Russia. A Chrackov si trovava nella compagnia comando del la 305ª Divisione della VI Armata come addetto ai rifornimenti logistici. E iniziò a vedere i primi commilitoni cadere. Poi il rapido trasferimento a Kiev, Voronezh e Rostock, verso Stalingrado. Moltrer si trovava a 13 km dal centro della città quando i russi iniziarono la grande offensiva a metà novembre e accerchiarono l’Armata di von Paulus. Moltrer era caporalmaggiore e combatté anche se dei servizi. Fu ferito al braccio. Venne fatto prigioniero dai russi il 2 febbraio quando cadde l’ultima resistenza. I soldati fatti prigionieri vennero spogliati degli indumenti pesanti, dei pochi averi che avevano in tasca. Moltrer riuscì a salvare il rosario che era stato di suo padre. Faceva parte dei 110.000 prigionieri che impiegarono 13 giorni (erano stati caricati su vagoni bestiame e vide morire soldati a centinaia) prima di essere scaricati vicino ad Astrakan e ricoverati in un edificio. Si salvò perché faceva il cuoco, ma anche perché trovò l’interprete Lidia che lo curò con tre fiale di chinino quando fu assalito da una febbre altissima causa la malaria. Moltissime le sue peripezie da prigioniero.

Al momento della liberazione (nel 1949) si trovava in una situazione strana: nato come suddito dell’impero austroungarico, era cresciuto come italiano, era stato fatto prigioniero come suddito del Reich (dopo l’opzione).













Scuola & Ricerca

In primo piano