L'INTERVISTA elina massimo 

«Rigore dentro la scuola assembramenti fuori» 

La dirigente del Curie. «Prima e dopo l’uscita agli ingressi a volte non rispettano le distanze, sono senza mascherine o portate in modo scorretto: abbiamo chiesto la presenza della polizia»


Maddalena Di Tolla Deflorian


Pergine. Entriamo nel mondo delle scuole superiori, tra preoccupazioni e limiti imposti dal Covid. Abbiamo chiesto ad Elina Massimo, dirigente, da un anno, dell’Istituto di istruzione “Marie Curie”, che ha sedi a Pergine e Levico, e accoglie più di ottocento studenti, come si sta vivendo questo periodo.

Com’è la situazione, dirigente?

Tutto sommato, compatibilmente con l’epoca che viviamo, nel nostro istituto sta andando bene. I ragazzi si comportano bene, per lo meno quando sono a scuola. Anche noi abbiamo avuto qualche classe in quarantena, al momento sono cinque. Ne sono rientrate tre. I ragazzi sono preoccupati ma devo dire che si mostrano collaborativi, stanno a casa se sanno di essere positivi o a rischio, così agevolano il lavoro di tutti. Poi però, rientrano a volentieri a scuola.

Le quarantene ostacolano la continuità didattica?

Per adesso direi di no, anche perché parliamo di periodi brevi, a volte di soli quattro o cinque giorni. Del resto, noi siamo pronti alle chiamate dell’Apss, già il giorno successivo partiamo con la Dad (didattica a distanza) per chi è a casa. Per me l’unica vera didattica è quella in presenza, ma la Dad è un male minore rispetto a interrompere davvero.

Vedete difficoltà per la didattica a distanza fra i ragazzi?

Di carattere pratico alcune, a volte le famiglie non hanno una buona connessione di rete o device ottimali, o magari i genitori lavorano in stanza insieme ai ragazzi.

Che succede ai ragazzi dell’ultimo anno?

L’anno scorso si è persa la cerimonia di consegna dei diplomi. Appena possibile contatteremo i ragazzi per rimediare. I ragazzi dell’ultimo anno sono un poco preoccupati di una possibile chiusura. Speriamo che si riesca ad andare avanti.

I genitori come si mostrano?

Sono quelli più preoccupati, lo sono certamente più degli studenti Mi pongo anche una domanda: capisco la preoccupazione, avendo i ragazzi per ore in una classe, ma dove sta la coerenza di quella preoccupazione, dato che poi al pomeriggio vediamo tanti ragazzi in giro, spesso senza mascherine, stando molto vicini gli uni agli altri?

Poi ci sono i problemi dei trasporti e degli assembramenti fuori da scuola, giusto?

Si, devo dire che i ragazzi reagiscono aumentando il rigore dentro la scuola, fuori però vediamo agli ingressi assembramenti, a volte non rispettando le distanze, a volte senza mascherine portate in modo corretto. Abbiamo chiesto la presenza della Polizia locale, per dare il segnale ai ragazzi all’ingresso e all’uscita da scuola, che serve mantener comportamenti corretti. Gli agenti non possono garantire sempre la presenza, ma vediamo lo sforzo di esserci. Poi c’è il problema dei trasporti affollati a volte.

Quanto avete perso, in termini di attività e laboratori?

Avendo grandi spazi, abbiamo potuto riorganizzare aule e laboratori. Però ci dispiace in particolare per aver perso un progetto di educazione motoria, a cui partecipavamo, che univa le ore settimanali, portando fuori i ragazzi. Questo non si può più fare e dovendo perder un’ora ogni volta per igienizzare la palestra, siamo un poco in affanno su questo. Per informatica, invece, ci siamo organizzati, sfruttando i fondi provinciali: abbiamo acquistato 4 laboratori mobili, armadi con 25 macchine portatili, che si spostano nelle classi (il costo è circa 10.000 euro al laboratorio).

Orientamento scolastico per i maturandi e per i ragazzini delle medie in arrivo: come si fa a motivare e ispirare, senza la presenza in carne e ossa?

Partiamo da un dato: il rientro a settembre è stato surreale. Vediamo che i ragazzi hanno una grande voglia di normalità, parlano di progetti che purtroppo adesso non realizzabili, e quando lo si fa presente, loro rispondono “Si, prof ... ma lo diciamo per quando si potrà”. Fanno tenerezza in questo bisogno di normalità. Adesso stiamo lavorando sull’orientamento in entrata, per i ragazzini di terza media: visto che non possono venire a scuola i ragazzi, dovremo capire come fare. Sull’orientamento in uscita per i nostri maturandi, invece, stiamo valutando cosa fare. Il difetto delle ipotesi che circolano è che spostano in virtuale quello che era reale: questo per motivare e rendere l’idea dei corsi universitari non basta però. Dobbiamo lavorare su un’alternativa di impatto.















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