In silenzio e senza parole per l’addio a Maurizio 

Levico Terme. Un grande senso di commozione ha accomunato tutti i presenti al funerale  di Nicolini, stimato e amato coordinatore di Appm. Il parroco: «Eloquente è soprattutto il dolore»


Franco Zadra


Levico terme. Una folla di gente attonita e contrita, ammutolita dal dolore, ha partecipato ai funerali di Maurizio Nicolini, il coordinatore di Appm stroncato da un infarto a soli 49 anni. Amato e rimpianto da tutti coloro che lo conoscevano e ne apprezzavano l'impegno nel sociale, ma pure da quelli che hanno avuto anche solo una occasione per incontrarlo, che ora non riescono a esprimere una sola parola per ricordarlo, forse per il timore che sia inadeguata, o anche soltanto perché «eloquente è soprattutto il dolore...», come ha espresso di proposito il parroco, don Ernesto Ferretti, introducendo la liturgia funebre, e maledetto una volta di più sia il Covid che ci inibisce finanche nei gesti di affetto e vicinanza che ci è vietato esprimere. Nessuno ha detto nulla, se non all'orecchio dei parenti, forse anche perché l'immagine sorridente di Maurizio, un invito aperto e costante a sorridergli in risposta, ritrovata dagli amici come un tesoro nella memoria di cui non sapevano, né immaginavano il grande valore, è ancora così viva e vibrante, così calda e accogliente, che si teme possa svanire se ci si azzardasse a usare parole a mo' di surrogato di ciò che si è perduto.

Maurizio se ne è andato, e il parroco, con tutta la Chiesa, dice che «ora vive per sempre nella Gloria di Cristo risorto»; è volato via con la stessa eleganza e leggerezza di un seme di Tarassaco, il fiore che forse non a caso la famiglia ha voluto rappresentare nella immagine frontale del bigliettino della “memoria” raccolto all'ingresso della chiesa. Uno tra i fiori più affascinanti anche se del tutto comune e ordinario in natura, presente per quasi tutto l'arco dell'anno, si trova praticamente dappertutto. Quando è il momento i suoi semi si staccano dal bulbo per una folata di vento, o per il soffio potente di un bambino, e volano lontano, a fecondare altri luoghi dove nasceranno altri fiori con il loro giallo intenso di vita e felicità.

«Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo...», si legge ancora nel bigliettino di Maurizio con la bella citazione di Sant'Agostino, «ed è per questo che non dobbiamo temere di continuare a esserci – ha detto il parroco – anche se ora il nostro caro Maurizio non lo possiamo più vedere, sentire, la fede ci assicura che torneremo a godere della sua compagnia».

Maurizio si è laureato in sociologia a Trento nel '97 discutendo una tesi su i “processi educativi degli indiani del Nord America fra istruzione pubblica e cultura tradizionale. Il caso dei Navajo”, e qualcuno che conservava il voluminoso testo ne ha voluto fare una decina di copie da distribuire agli amici. «Quanto bene avrebbe potuto fare ancora – ha detto poi don Ernesto -, quanta amicizia e compagnia sarebbe fiorita ancora grazie alla sua presenza e al suo entusiasmo, quanto più belli sarebbero stati in nostri giorni insieme a lui. Ma la fede che Maurizio aveva ci indica la strada che possiamo scegliere anche noi per stare da uomini di fronte alla morte, per arrivare a vivere in pienezza, per sempre».













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