Ton, nuova rarità botanica sul monte Malachin  

Il dragocefalo è la terza specie floristica presente nell’area già sottoposta a tutela Lo ha scoperto casualmente un gruppo di esperti nelle foto postate da un turista


di Fabrizio Brida


TON. Dracocephalum austriacum, ovvero dragocefalo, melissa austriaca appartenente alla famiglia delle Lamiaceae. Un nome – che a Ton negli ultimi giorni sta riecheggiando insistentemente – legato a una scoperta casuale e proprio per questo ancora più intrigante. Pare che un turista, durante un’escursione sul monte Malachin, la montagna che sovrasta Castel Thun, abbia scattato delle foto della zona, postandole poi sul web e attirando così l’attenzione di un gruppo di botanici che hanno riconosciuto una presenza improbabile, quella del dragocefalo.

Ed è così che all’inizio di novembre, su iniziativa del Comune di Ton e con la partecipazione dei direttori dell’Ufficio forestale di Cles e dell’Ufficio Biodiversità e Rete Natura 2000 della Provincia di Trento, è stato fatto un sopralluogo sul monte Malachin. Qui un’area specifica, in adempimento alla Direttiva europea 92/43 denominata Habitat, è stata individuata come Zona Speciale di Conservazione (ZSC). Si tratta di una superficie montana alquanto impervia, il cui valore naturalistico si deve principalmente alla presenza di alcune specie floristiche piuttosto rare, segnalate dalla stessa direttiva comunitaria come particolarmente bisognose di tutela e valorizzazione.

Le tre specie di maggior attenzione sono Cypripedium calceolus, Saxifraga tombeanensis e Dracocephalum austriacum, quest’ultima di particolare importanza, appunto, per la rarità che la contraddistingue nel panorama alpino. In Trentino se ne contano solo due stazioni di crescita, di cui quella del Malachin è la più consistente.

Il principale obiettivo della ZSC è la conservazione degli habitat che ospitano le specie vegetali non comuni (in particolare il Dracocefalo), vale a dire di quelle radure aride un tempo soggette all’utilizzo della legna da ardere e del pascolo che ora, dopo decenni di abbandono di queste attività, si stanno progressivamente chiudendo per effetto delle dinamiche spontanee di imboschimento.

Un tempo, infatti, il bosco era molto più frequentato dai locali, che vi si recavano per raccogliere la legna o per portare gli animali al pascolo e anche proprio per praticare forme di sfalcio delle praterie montane. Nelle aree poco accessibili, come il monte Malachin, queste pratiche sono state smesse da tanti anni.

Viene meno in tal modo un significativo paesaggio, ricco di specifica biodiversità. “Per queste motivazioni la Provincia di Trento ha deciso di intervenire – spiega Lucio Sottovia dell’Ufficio Biodiversità e Rete Natura 2000 della Pat – istituendo un’apposita misura del Piano di Sviluppo Rurale. L’idea è di controllare il contenimento del bosco e degli arbusti che si espandono sui prati magri e che appaiono pertanto minacciati soprattutto per l’abbandono delle tradizionali pratiche agricole”. Tali misure, finanziate attraverso il PSR, si attuano con interventi attivi di contenimento della vegetazione arbustiva e degli alberi che, in vario modo, riducono l’estensione delle formazioni erbacee e della stessa possibilità di sopravvivenza delle specie rare.

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