A Sperdossi viti di Maor al posto delle mele golden 

Revò: Lorenzo Zadra, oltre a portare avanti l’eredità del groppello affidatagli dal padre Augusto “El Zeremia”, vuole recuperare un’antica varietà d’uva bianca


di Giacomo Eccher


REVÓ. Una sfida l’aveva vinta il padre Augusto, con il groppello autoctono di Revò, ora ci prova anche il figlio Lorenzo che rilancia il Maor, antica varietà d’uva a bacca bianca che a fine Ottocento era coltivata nell’Alta valle di Non e Bassa Val di Sole per poi finire nel dimenticatoio. Parliamo della famiglia Zadra di Revò, conosciutissima in valle ed in Trentino (ma anche oltre tra gli addetti ai lavori) con il soprannome “El Zeremia”(dal nome del capostipite) ora diventato un riconosciuto marchio di qualità nel complesso mondo enologico.

Augusto è morto cinque anni (settembre 2013) e il testimone è passato al figlio Lorenzo che, così come il padre, crede e investe nel futuro del vino in una valle, l’Anaunia, conosciutissima per le mele. E se il padre aveva scommesso sul rosso groppello riuscendo, con la sua tenacia, a farne riconoscere l’originalità come vitigno autoctono della zona di Revò, Lorenzo punta ora sul bianco.

La svolta lo scorso autunno quando, al momento di rinnovare un appezzamento di 2.000 metri quadrati di mele golden a Sperdossi, località affacciata sul lago di Santa Giustina, invece che reimpiantare mele ha deciso di mettere in terra 500 barbatelle di Maor. «Si tratta di una varietà antica che, come mi aveva fatto notare mio padre, era rimasta come vite solitaria in un nostro vigneto, quasi fosse un “groppello bianco”. Tre anni fa ho deciso che valeva la pena far studiare ed approfondire quella vite antica di qualche secolo che resisteva ottimamente ai vari parassiti e al trascorrere del tempo. Le analisi del Dna ne hanno certificato l’originalità distinguendola da altre varietà, che anche se apparentemente simili sono invece ben distinte» - racconta Lorenzo che abbiamo incontrato nella sua cantina di Revò. Una scommessa dunque da giocare e vincere facendo rivivere una vite, appunto il Maor, che era descritta già nel Cinquecento (prima del Concilio di Trento) nelle cronache del Mariani e che a fine Ottocento aveva una produzione lungo il Noce in Alta val di Non e Bassa Val di Sole di circa 3.000 ettolitri. Il Maor – fa notare Zadra citando il bel libretto su “Trento la Città del Concilio” di Iris Fantanari Martinatti, edito nel 2015 da ‘Proposta vini’ - era un vino bianco presente nel Trentino da molti secoli seppure con una presenza limitata lungo il Noce dove era l’unica varietà di uva bianca.













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