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Il governo contro la carne sintetica. Ma in Trentino la ricerca continua

Stop alla creazione di alimenti in laboratorio. I professori del Cibio: «La scienza è il futuro, bisogna considerarla»


ASTRID PANIZZA BERTOLINI


TRENTO. Mentre negli Stati Uniti e a Singapore la carne sintetica può essere liberamente creata, venduta e consumata, l’Italia dichiara guerra al cibo sintetico a tutto tondo. È di martedì, infatti, l’approvazione del ddl che prevede sanzioni fino a 60mila euro per chi trasgredisce. «I prodotti da laboratorio non garantiscono qualità e benessere» ha dichiarato il Ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. Il ddl è stato portato in aula a seguito di una petizione di Coldiretti firmata da mezzo milione di italiani per preservare il Made in Italy a tavola.

Cosa faranno quindi ora le Università che negli anni si sono specializzate nello studio di cibi sintetici? Lo chiediamo a Luciano Conti e Stefano Biressi, professori del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata – CIBIO dell’Università di Trento, che stanno portando avanti un progetto di ricerca nell’ambito della carne colturale. «Si tratta di un decreto legge unilaterale, poco condiviso e poco razionale dal punto di vista scientifico – spiegano i due professori – che ci rattrista non solo per quanto riguarda i nostri studi, che potrebbero non ricevere più finanziamenti in futuro, ma proprio per la non sostenibilità della scelta».

In che senso?

In laboratorio ottimizziamo gli elementi di base della carne colturale, migliorando le cellule che si differenziano per produrre le fibre e il grasso. La finalità di uno studio come il nostro è quella di creare una sorgente di proteine di alta qualità, come quelle che si trovano solo nella carne, per poter sfamare una popolazione mondiale che sta crescendo continuamente e presto non sarà possibile sfamare solo con gli allevamenti attuali. Questo è il tema che ci preoccupa maggiormente.

Cosa potrebbe succedere a quel punto, se non ci sarà l’alternativa della carne colturale?

Se ci sarà solo la carne tradizionale si prospetta un aumento degli allevamenti intensivi con ricadute drammatiche sull’ecosistema. Una delle sfide importanti è riuscire a trovare una sorgente di cibo ecosostenibile e quella che proponiamo noi è una delle soluzioni. Chiuderla a priori in assenza di una controparte con ricadute importanti nel lungo termine non ci sembra una scelta lungimirante.

Il ddl è stato creato però, a “difesa della popolazione”...

La protezione e la salute del cittadino dovrebbero essere valutate da scienziati o enti che hanno una certa responsabilità nel considerare questi aspetti. Non penso che un ministro o un sottosegretario lo sappiano. Parlare di rischio senza una validazione di sicurezza non corrisponde al corpo legislativo di cui l’Unione Europea è dotata. Non c’è bisogno, quindi, di una legge per garantire una sicurezza quando ci sono organi dedicati per condurre questo aspetto dal punto di vista scientifico. Ma le contraddizioni sono tante.

A quali contraddizioni fate riferimento?

Che si vieta la produzione di cibi sintetici a livello italiano, ma non l’importazione da Paesi esteri, per dirne una. O ancora, il concetto di precauzione, senza essere sostenuto da ricerche ci sembra un discorso campato in aria. Questo tipo di concetto dovrebbe allora essere applicato a tutto, in primis ai prodotti per cui è stato scientificamente provato che fanno male, come le sigarette o le bevande alcoliche. Ma per alcune cose vogliono porre precauzioni e per altre no. Secondo noi questo ddl è stato fatto per aspetti di natura propagandistica.

Il ministro Lollobrigida ha detto che "I prodotti da laboratorio non garantiscono qualità e benessere e non garantiscono la tutela della tradizione enogastronomica italiana". Qual è il vostro commento al riguardo?

Con una popolazione mondiale crescente il fabbisogno alimentare aumenterà e non si può quindi pensare di continuare in questa maniera. Bisogna guardare al di là della nostra piccola Italia, questi problemi ecologici sono globali. Considerare solo i temi locali non solo è miope ma sfugge di logica. La tradizione è preziosa, certo, ma non per questo bisogna chiudere all’innovazione, le due cose possono andare avanti assieme.

La vostra sembra una visione catastrofica. È così?

La situazione è già ora critica, basti pensare al cambiamento climatico e alla siccità che stiamo vivendo quest’anno. Per quanto riguarda l’allevamento, quello di qualità, d’alpeggio, può sopravvivere certo, ma non può risolvere il problema di alimentare la popolazione mondiale. Con la carne colturale non stiamo parlando solamente di una scelta in più, per qualcuno questa potrebbe diventare l’unica scelta di sostentamento. Si tratta di una possibile soluzione, magari non basterà nemmeno. Tutte le opzioni devono essere portate avanti assieme.

Gli studi come il vostro subiranno una battuta d’arresto d’ora in poi?

Nel breve termine no, continueremo nelle ricerche, potrebbero esserci delle riduzioni su sovvenzioni private. Un investitore interessato all’Italia, ora andrà più facilmente a investire all’estero. È un effetto collaterale a cui il Governo non aveva pensato. Siamo rattristati, ma come scienziati faremo ricerca in altri ambiti, non siamo preoccupati quindi in primis per il nostro lavoro, ma soprattutto per le generazioni future.













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