La Val Rendena è invasa dal “Poligono”: è allarme 

Il caso. Marco Valentini ha ingaggiato da tre anni una dura lotta contro la pianta infestante che sta distruggendo prati: «Parco, Forestale e Comuni devono fermare l’invasione»


Walter Facchinelli


Val rendena. Javrè, la val San Valentino e stessa Val Rendena sono invase dal poligono del Giappone (Reynoutria Japonica), una pianta inserita tra le 100 specie più invasive del mondo. A lanciare l’allarme è Marco Valentini di Javrè che, con questa pianta ha ingaggiato una lotta di tre anni per estirparla definitivamente nelle vicinanze della sua casa in montagna.

Nel silenzio dei molti, questa pianta si propaga di anno in anno e oggi è presente in val di San Valentino a lato dei tornanti vicini all’omonima chiesetta e in località Pischel dove cinque anni fa è stata riportata della terra che probabilmente conteneva le sue radici. Vegeta rigogliosamente lungo la provinciale che dal rio Finale porta a Villa Rendena. Prolifera indisturbata anche sulle rive del Sarca, dove la corrente la diffonde a lunghe distanze trasportandone i frammenti.

Rizomi robusti

Si tratta di una pianta erbacea perenne, che cresce rigogliosa con robusti e profondi rizomi sotterranei e fusti vigorosi, rossastri, simili a canne. È una pianta dioica, con fiori maschili e femminili su piante distinte, ma da noi è presente solo con piante femminili. La sua propagazione avviene solo per moltiplicazione vegetativa attraverso una fitta rete di rizomi (fusti sotterranei), che possono rimanere vitali e formare nuovi fusti a distanza di dieci anni. I botanici di mezza Europa avvertono che non c’è modo di eradicarla, resiste a tutti i diserbanti, l’unica soluzione è raccogliere la pianta e bruciarla. Marco Valentini: «Ente Parco, Stazione Forestale e Comuni si devono mettersi assieme, fare una programmazione veloce che punti a fermare l’invasione di questa pianta».

Odore acre

Questa pianta quando viene tagliata cambia colore da verde a rosso e ha un odore acre e sgradevole. La sua presenza è favorita dalla secrezione nel terreno di sostanze che limitano la crescita di altre specie vegetali, con la conseguente riduzione della biodiversità locale e la pericolosità dei suoli o dei boschi perché, nel periodo invernale il suolo nudo e ne viene compromessa la stabilità.

«Le soluzioni sono molte e tutte possibili afferma Marco Valentini». Occorre fare più informazione sui territori affinchè tutti ne conoscano la pericolosità. Si potrebbe dare un promemoria a tutte le aziende agricole che devono evitare gli spostamenti di terra, perché anche piccole parti della pianta rimangono vitali oltre i dieci anni e possono formare nuovi fusti. Fare delle serate informative ai residenti e catalogare i luoghi da bonificare.

Marco Valentini auspica una partecipazione attiva degli agenti della Forestale e dei guardia Parco «loro dovrebbero informare le persone proprietarie dei luoghi dove la pianta è state rinvenuta, della sua dannosità, facendo sapere loro cosa devono fare per eliminarla».

A Javrè questa pianta è presente anche nel cuore del paese ed è ben visibile nell’orto incolto prima della stretta a destra (vedi foto). Lì la pianta ha prolificato e minaccia di espandersi ad altri spazi verdi dell’abitato.

Una curiosità nel Regno Unito, dove molte case sono dotate di un giardino, le proprietà invase da questa specie si svalutano parecchio e le banche vi tolgono le ipoteche. Questa pianta fu importata dal Giappone in Inghilterra negli anni Venti dell’800 e gli fu addirittura conferito un premio come miglior pianta ornamentale. Ma oggi invece è odiata dalla moltitudine.















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