L'INTERVISTA giuseppe detomas ex assessore regionale alle minoranze 

«Questa politica non fa per me vedo solo la ricerca del consenso» 

L’addio dopo 25 anni. Segretario Ual, deputato per due legislature, consigliere provinciale: ora la conferma del ritiro «Torno a fare l’avvocato, sono un nostalgico che crede nella politica come arte di gestire la società per il bene comune»


Gilberto Bonani


VALLE di FASSA. Giuseppe Detomas ha concluso il suo mandato in Regione come assessore alle minoranze. Una carriera politica lunga 25 anni iniziata con la nomina nel ruolo di segretario della Ual (Unione autonomista ladina). È stato eletto deputato nel 1996 nella compagine dell’Ulivo di Prodi e successivamente nel 2001 sempre per il centrosinistra. Alle elezioni provinciali del 27 ottobre del 2013 aveva occupato nel Consiglio provinciale il seggio riservato alla minoranza ladina nella coalizione che sosteneva Ugo Rossi. In anticipo rispetto alla scadenza, aveva poi annunciato il ritiro dalla politica militante: la Ual infatti non si è presentata all’ultima tornata elettorale provinciale.

Avvocato Detomas, quali saranno ora i suoi impegni futuri?

Torno appunto a fare l’avvocato. Ho nostalgia della mia professione e non sento affatto la mancanza della politica, almeno di questa politica.

Quindi la decisione di lasciare è confermata?

La scelta maturata un anno e mezzo prima delle consultazioni provinciali del 2018 è ancora valida. Non mi sento più in sintonia con la politica dei nostri giorni, o meglio del ruolo in cui è stata relegata. Ebbene sì, sono un nostalgico che crede nella politica come arte di gestire la società per il bene comune di tutti, specialmente dei più deboli. Ora vedo solamente la ricerca di consenso, un aspetto quanto mai effimero.

Quali le cause?

Sicuramente è in atto una pericolosa forma di delegittimazione di tutti i ruoli della società. Non solo si ha perso la fiducia nella politica ma non si riconosce più il ruolo della Scienza, vedi la problematica dei vaccini, o di altri pilastri del nostro vivere comune. A questo si aggiunge la scorciatoia della semplificazione davanti alla fatica di comprendere la complessità. Il rischio è quello di banalizzare tutto.

Ci sono conseguenze?

Oggi viviamo nell’illusione dell’autosufficienza in cui tutti posso prendere decisioni, sull'economia, sulle grandi opere, sulla propria salute senza il bisogno di ricorrere a figure specializzate. Tutto questo è una grande illusione di massa, perché in un mondo globalizzato gli eventi sono spesso determinati da meccanismi molto lontani dalla realtà del cittadino.

Cosa fare?

Certamente la politica oggi manca di strumenti e di persone. Penso sia necessario ritornare alla formazione politica per selezionare una classe competente.

Quale il ricordo più bello nei lunghi anni di militanza politica?

Sicuramente il riconoscimento costituzionale, avvenuto nel 2017, del Comun general de Fascia alla stregua di Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. Ricordo che le altre comunità territoriali del Trentino sono enti intermedi tra Comuni e Provincia Autonoma di Trento, regolate da una legge provinciale e non costituzionale. È il frutto di un emendamento da me scritto e inserito nella legge Alfreider, il collega deputato della Svp. Ora è necessario lavorare perché questa valenza costituzionale venga pienamente compresa.

E quello invece più amaro?

L’essere stato oggetto di attacchi personali all’interno del Comun general. La critica è il sale della politica ma va di pari passo con il rispetto della persona. Ma forse questo è il nuovo corso della politica.

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