La storia e la cultura di Fassa in quattro dipinti di Soraperra
POZZA DI FASSA. Quattro quadri che raccontano la storia, la comunità, i valori e il presente della Val di Fassa. Così Claus Soraperra, ha espresso l’essenza della pittura murale “Lejer la storia per...
POZZA DI FASSA. Quattro quadri che raccontano la storia, la comunità, i valori e il presente della Val di Fassa. Così Claus Soraperra, ha espresso l’essenza della pittura murale “Lejer la storia per scriver l davegnir” (“Leggere la storia per scrivere il futuro”) che, da alcuni giorni, abbellisce la facciata sud della sede del Comun general de Fascia. Ogni quadro è accompagnato da frasi e/o parole che si rifanno a padre Frumenzio Ghetta. Nel primo dipinto il passato si esprime attraverso la figura del pastore - che con sé ha alcuni oggetti ritrovati nei siti archeologici della valle - circondato dalle pecore e il lupo che avanza (elemento della realtà), mentre sullo sfondo si staglia il Sella, centro della ladinità. Il tutto è affiancato dalla scritta: “Noscia rejons e usità da veiamenter en ca”, che indica i doveri ma anche i diritti dei fassani. Il secondo quadro descrive il lavoro tramite la fabbrica della Pieve di San Giovanni, che rappresenta la costruzione della comunità. All’opera due giovani in abiti antichi ma con ai piedi calzature moderne, a ricordare che il senso di cittadinanza si crea giorno per giorno. Accanto la scritta “Comun general de Fascia”, l’istituzione moderna attorno a cui si stringe la valle. Il terzo è dedicato ai simboli e ai valori condivisi: la religione, con Santa Giuliana nella sua iconografia, ovvero il libro, la catena e la tensione tra il bene e il male, insita in ogni essere umano; l’istituzione, con la torre di Vigo (abbattuta nel 1934), sede del giudizio con il capitano che comandava pure le milizie in tempo di guerra, e un padre che racconta la storia alla figlia (la responsabilità di trasmettere cultura e valori); la natura, con le Torri del Vajolet; infine la bandiera ladina storica, donata da Andreas Hofer. Come scritte ci sono sia “La doi Torns” sia, con una sorta di rebus, il “Liber” (di Santa Giuliana) e la sillaba “ta”. Nell’ultimo quadro, anticipato da un passaggio che rimanda alle guerre mondiali con un calice emblema del sacrificio,la modernità attraverso le emozioni: una madre abbraccia il figlio, espressione del legame con le proprie radici, la cultura e la lingua-madre, accanto la Marmolada, la moderna bandiera ladina e una poesia di padre Ghetta: “Man douce, man care, le man de mia mare”.