Merano

Debiti per 100 mila euro: chiude il ristorante solidale di Merano

Il locale di via Petrarca African Soul era nato per dare opportunità di inserimento a migranti ma non ha retto alla crisi. Il presidente della cooperativa Spirit: «In parte la responsabilità è di un management troppo incentrato sul sociale»


Sara Martinello


MERANO. Centomila euro di debiti: il ristorante African Soul chiude e il progetto solidale di inserimento sociale di persone con background migratorio naufraga. In parte per via delle misure anticontagio, in parte a causa di «un management troppo incentrato sul compito sociale e troppo poco su un’oculata gestione di personale e ordinazioni», spiega Michael Bockhorni, presidente della cooperativa che nel 2017 aveva lanciato l’esercizio ristorativo di via Petrarca. È stata avviata una procedura per insolvenza obbligatoria.

La storia dell’African Soul.

Il ristorante era stato inaugurato nel 2017 anche grazie a una somma di 15 mila euro offerta dal Comune, fondi provenienti da un contributo da 57 mila euro riconosciuto alla città di Merano dal Ministero dell’interno per politiche virtuose attivate dall’amministrazione in tema di accoglienza. Erano seguite polemiche, nonostante la nobiltà del progetto di Isabelle Hansen, al tempo presidente della cooperativa Empezamos, poi fondatrice della cooperativa di gestione Spirit.

Quei soldi però erano stati inghiottiti nell’onerosa ristrutturazione del locale, come ricorda oggi Hansen: si era dovuto eliminare il forno per le pizze e ricostruire la cucina (prima dell’African Soul lì c’era una pizzeria), rifare la pavimentazione, rifare il bagno. L’intento primario della cooperativa Spirit intanto trovava conferme, perché i tirocinanti dell’African Soul una volta conclusa la formazione riuscivano a essere assunti negli esercizi ricettivi “tradizionali” del territorio.

I problemi finanziari.

Bockhorni descrive la situazione dello scorso novembre, quando ha sostituito Hansen alla presidenza di Spirit: «Nel novembre 2020 l’African Soul era già pesantemente indebitato. In parte per le conseguenze della pandemia, in parte perché ci si era concentrati più sul progetto sociale che sulla gestione manageriale, perdendo di vista l’aspetto finanziario. Un altro errore risiedeva nella selezione del personale: rifugiati non possono portare con sé un saldo legame col commercio locale, coi fornitori. Sarebbe stato più sensato affiancarli a personale del posto.

Per evitare l’avvio della procedura per insolvenza la revisione della Federazione cooperative Raiffeisen ci aveva chiesto una capitalizzazione di almeno 33 mila euro. Ne sono stati versati solo 3.800, e la ricerca di un investitore è stata vana. Col crowdfunding se ne sono raccolti 10 mila: una somma insufficiente a tenere in vita l’African Soul. È un peccato, perché un progetto del genere aveva il suo potenziale».













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