Caldonazzo, recuperati i depuratori dal fondale del lago: lavoravano da 40 anni
Il lago di Caldonazzo si prepara a chiudere un capitolo significativo della sua storia, con il recupero di quattro impianti “limno” che, dal 2021, giacciono sul fondale a una profondità compresa tra i 20 e i 30 metri
TRENTO. Durante questi giorni di pioggia, il lago di Caldonazzo si prepara a chiudere un capitolo significativo della sua storia, con il recupero di quattro impianti "limno" che, dal 2021, giacciono sul fondale a una profondità compresa tra i 20 e i 30 metri.
Queste strutture, fondamentali per il processo di ossigenazione del lago, hanno contribuito a trasformare un ecosistema compromesso dalla presenza di materiale organico in un corpo d'acqua riconosciuto con la "Bandiera blu". L'operazione di recupero è coordinata dal Servizio Bacini montani con il Nucleo sommozzatori del Corpo permanente dei Vigili del fuoco di Trento, al lavoro dall'inizio di questa settimana. Le operazioni - importanti anche per la loro funzione addestrativa - si concluderanno la settimana prossima, con il recupero delle tubazioni da terra. La rimozione di questi impianti non è un compito facile, considerando la scarsa visibilità e la presenza di un consistente strato di fango sul fondale.
Queste strutture - sottolinea la Provincia in una nota - sono state cruciali per l'ossigenazione dell'acqua, contribuendo a rimuovere i liquami che minacciavano l'ecosistema lacustre. La loro rimozione segna la fine di un'era di interventi per la salvaguardia del lago che oggi "respira" autonomamente dopo lo stop agli scarichi nel lago scattato con la realizzazione della cosiddetta "cicumlacuale" che ha servito gli impianti fognari di diverse località: Pergine Valsugana, Calceranica, Caldonazzo e Tenna. Oggi è in funzione un solo impianto di rimescolamento dell'acqua presente alla foce del fiume Brenta. Alti circa 4 metri, i "limno" si ergevano con la loro forma a campana sul fondale all'altezza della località "Cà Rossa" e verso il centro del lago.
La loro rimozione richiede operazioni piuttosto delicate, con l'impiego di lance termiche subacquee per il taglio dei cavi d'acciaio di ancoraggio al fondale (dove si registra una temperatura di 6 gradi e la visibilità molto ridotta) e l'impiego di appositi palloni di sollevamento. Costituiti principalmente da vetroresina, gli ossigenatori vengono trainati da un'imbarcazione e portati a riva per mezzo di una gru. Verranno smaltiti in discarica.