Le storie e i personaggi di Arco raccontati da Mario Matteotti
L’organizzatore del carnevale e di altre iniziative goliardiche ha messo nero su bianco decenni di vita arcense
ARCO. Come era prevedibile, sta ottenendo un grosso successo il libro “En giro per Arco” scritto con la consueta verve scanzonata da Mario Matteotti, eclettico personaggio di Arco assurto da vari decenni alle cronache non solo locali per le sue iniziative nei più disparati settori del divertimento popolare, come il Gran Carnevale di Arco che gestisce tramite il Gruppo Costruttori Associati, di cui è presidente sin dalla costituzione, avvenuta nel 2002. Con tali allegoriche credenziali risultava in crescendo l’attesa degli arcensi per l’esperienza di Mario Matteotti con la “penna”.
E’ la terza volta che il “patron” del divertimento popolare all’ombra del Castello si cimenta nel narrare le varie visioni della sua città in una ottica retrospettiva di qualche decennio. Cioè nel lasso di tempo che l’ha vissuta da quando era giovinetto. Il suo debutto letterario risale al 2015 con il libro “Nat a l’ombra del Castèl”. Due anni dopo, la seconda “storia” “Ve la conto mi”. Il successo per le due pubblicazioni risultò alle stelle con affollate presentazioni in varie sedi. “Ho già ricevuto gli inviti a presentare il mio volume che concorderò per le prossime settimane – ha rammentato soddisfatto lo scanzonato autore – è una conferma che le mie narrazioni, talvolta con velature satiriche, piacciono non solo agli anziani, cioè i concittadini della “terza età”, che in molti hanno vissuto le vicende che ho illustrato nei libri. Pure ai giovani interessa conoscere uno spaccato di Arco ai tempi dei loro genitori e dei loro nonni. La conferma la ho avuta nella presentazione del precedente libro all’oratorio parrocchiale, in un salone gremitissimo e, come è noto, si tratta di un luogo frequentato dai teen ager e non certamente dagli anziani”.
Mario Matteotti si è avvalso della collaborazione del professor Alessandro Parisi che ha curato la presentazione del volume, rammentando l’avvio quasi per scherzo dell’avventura letteraria dell’autore. “Ne è nato così un altro libro dialettale, questa volta corredato della traduzione in italiano – scrive tra l’altro il professore Parisi - che va a riportare alla luce attività e luoghi in gran parte scomparsi. Un lavoro ben sostenuto da tantissime ed foto d’epoca. Permette a tanti cittadini di Arco di ritornare indietro nel tempo e di togliere dalla polvere dell’oblio immagini dimenticate a causa dei tanti anni trascorsi o a causa di particolari vicende personali. Ciò che colpisce sfogliando questo libro – conclude il professor Parisi – è lo smisurato amore che Mario Matteotti mostra per Arco e per i suoi luoghi caratteristici, che l’hanno visto crescere insieme a tanti suoi compagni di giochi, di scuola e di lavoro, nella consapevolezza che quei luoghi, quegli ambienti in gran parte stravolti dal trascorrere del tempo e dagli errori delle persone vanno a colui che è nato all’ombra del Castello”.
Le narrazioni di Mario Matteotti riguardano oltre una quarantina di argomenti. Si direbbe una esauriente visione a 360 gradi in quanto sono state inserite anche delle particolarità, che sembrerebbero ininfluenti, invece, risultano determinanti per qualificare l’opera dell’autore “mattacchione”. Di questa ampia panoramica del mondo arcense spiccano le testimonianze del “tempo che fu” a seguito delle trasformazioni urbanistiche. Tra le tante, la centralissima via Marconi, accanto ai giardini pubblici, che ebbe l’attuale “tocco” mediterraneo per l’abbattimento dei numerosi ippocastani a seguito dell’arrivo di una tappa del Giro d’Italia (le ampie chiome impedivano le riprese della Rai). Non si contarono le proteste dei cittadini, compresa quella plateale di una nobildonna arcense che, dopo l’immancabile disapprovazione, con il bastoncino da passeggio colpì un operaio addetto al taglio delle piante. L’altro ricordo è la zona di via Pomerio diventata “sportiva” con lo stadio (campi da calcio e piste d’atletica), il confinante Circolo tennis, recentemente ampliato, e da qualche anno è attivo l’oratorio parrocchiale con le annesse strutture per lo svago e le competizioni dei ragazzi. Quando Mario Matteotti aveva i calzoncini corti, la gioventù giocava al pallone nel vicino piazzale delle Monache (ora parcheggio pubblico), antistante la scuola elementare femminile trasferita successivamente nel plesso di via Nas. L’altra menzione dello rievocativo narratore riguarda Villa Igea, ora sede della direzione generale della Cassa Rurale. Edificata nel “periodo d’oro” asburgico del Kurort come albergo di gran lusso, agli inizi degli anni 20, di proprietà dei fratelli Stasser, venne trasformato in sanatorio come le altre residenze nobiliari dell’epoca dell’arciduca Alberto. Dopo l’8 settembre 1943 e fino al termine del secondo conflitto mondiale divenne ospedale delle truppe tedesche e comando delle SS. Conclusa la parentesi bellica, al piano terra di Villa Igea fu ricavato il “Dopolavoro” (bar) Cral-Enal con gli immancabili campi da bocce nel cortile antistante e la sede della sezione del Partito Comunista Italiano. Nei due piani superiori furono realizzati degli appartamenti popolari. Per diverse legislature Mario Matteottti fu un attivo consigliere comunale e ricorda le iniziative, risultate vane, intraprese con altri colleghi per acquisire al Comune Villa Igea, allora di proprietà della Curia. Il progressivo degrado dell’asburgico edificio ebbe termine con l’acquisto della Cassa Rurale che è stato rinnovato con un appropriato restauro. Un’altra interessante curiosità pubblicata nel volume riguarda la trentina di bar che in passato vi erano ad Arco, nel Romarzollese e nell’Oltresarca. Quasi tutti, tranne quelli del centro storico per motivi di spazio, disponevano di uno o più campi da bocce, un gioco allora molto in voga che sovente diventava delle “accese” competizioni. Gli “avventori” (i clienti) avevano la possibilità da parte degli osti (sovente erano delle persone caratteristiche) di degustare delle pietanze di contorno all’immancabile bicchiere di vino (trippe, brodino , pane casareccio ed altre). Con questo filone da “amacord” sono elencate altre narrazioni introvabili, tra essi, la miriade di capitelli votivi sparsi ovunque, le numerose botteghe commerciali ed artigiane, i cinema, le edizioni del Gran Carnevale e le “passioni” sportive con le gare di biciclette e motorini sul circuito, ora impossibile, delle Braile, le camminate a Prabi e le gite spesso gastronomiche a monte Velo. In quei decenni la località alpestre era molto frequentata tanto che in estate funzionava un servizio di trasporto pubblico da Arco, dapprima con un camion con i passeggeri costretti a transitare a piedi sul pericolante ponticello in località Salve Regina, poi con una corriera di una ditta rivana. Non mancano le amenità, tra le quali, i tre puzzolenti “vespasiani”, i gabinetti all’aperto in funzione fino agli anni 70. Erano situati, uno in un androne della centralissima via Segantini, l’altro ai giardini pubblici nelle adiacente del bar Centrale mentre, il più imponente, a due posti, troneggiava, addirittura davanti al Casinò, a pochi metri dall’ingresso del consiglio comunale.
In conclusione, riportiamo il parere di molte persone secondo le quali il libro è un susseguirsi di episodi conseguenti e, pertanto, è da “leggere tutto d’un fiato”. (a.cad.)