L’Accademia svela il territorio e lo storico vitigno di Da Vinci
Riva. La delegazione di Rovereto della prestigiosa Accademia Italiana della Cucina, fondata da Orio Vergani nel 1953, organizzata dal delegato locale - l’avvocato Germano Berteotti - si è ritrovata...
Riva. La delegazione di Rovereto della prestigiosa Accademia Italiana della Cucina, fondata da Orio Vergani nel 1953, organizzata dal delegato locale - l’avvocato Germano Berteotti - si è ritrovata in una cena conviviale sulla “Veranda” dell’Hotel Du Lac et Du Parc di viale Rovereto a Riva, per assaporare e applaudire il delizioso menù predisposto dall’Executive Chef Marco Brink. Perfetto connubio per le portate di pesce di mare, il Furlet Bianco e il Pinot Grigio Riserva 2018 della cantina di Gabriele Furletti, giovane vignaiolo di Riva che ha raccolto la passione trasmessagli dal nonno, affinata in anni di studi scolastici alla Fondazione Edmund Mach di San Michele All’Adige, messi poi a frutto in un piccolo appezzamento di terreno, di soli tre ettari, nella zona collinare di Tenno. «Ho iniziato a produrre vino nel 2018 – racconta il dottor Furletti – non faccio grandi numeri, ma produco 15 mila bottiglie all’anno sul mercato». «Ospiti graditi della serata – spiega l’avvocato Berteotti, consultore nazionale dell’Accademia – sono stati il professor Attilio Scienza, il dottor Gabriele Furletti, i simposiarchi, nostri soci accademici: il dottor Luigi Masato e l’avvocato Claudio Malfer». Quest’ultimo ha raccontato agli ospiti della serata la storia del Du Luc, «una struttura simbolo del turismo dell’Alto Garda, un luogo prestigioso che oggi ha 150 anni, in principio residenza estiva dei Conti D’Asburgo».
La cena è scivolata veloce, fra una portata e l’altra, preparata dalla brigata dell’Executive Chef, Marco Brink.
In attesa del dolce, ha preso la parola il professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo e docente dell’Università degli Studi di Milano Statale, per raccontare gli studi fatti dal suo team per ritrovare la vigna di Leonardo Da Vinci, il vigneto che Lodovico il Moro donò al genio italiano mentre stava lavorando all’Ultima Cena, come gesto di riconoscenza per«le svariate e mirabili opere eseguite per il duca di Milano». Incaricato nel 2010 dall’allora sindaco di Milano, Letizia Moratti, il professore ha raccontato l’avvio delle ricerche del “terreno di 16 pertiche”, nei pressi di Porte Vercellina a Milano. Appassionante la ricostruzione del professor Scienza. Dopo un esame scientifico dei terreni, degno della migliore serie di telefilm “Csi – Scena del Crimine”, il team di studiosi della Statale di Milano è riuscito a identificare la varietà di vitigno coltivata all’epoca di Da Vinci. Dalla “vitis vinifera”, composta da 23 campioni individuati, il professor Scienza è riuscito a costruire un “data base” delle ipotetiche varietà presenti in erbari italiani e internazionali, finché ha ristretto il campo su resti della vigna di Leonardo compatibili di Malvasia di Candia Aromatica. Infine, la sorpresa. Da Vinci dipinse anche un grappolo del “suo” vino all’interno dell’affresco dell’Ultima Cena (1494-1498), all’interno della “natura morta”, all’estrema sinistra del quadro. N.F.