Collotta-Cis, una tragedia senza fine 

In Val di Ledro il numero di decessi per mesotelioma da amianto è salito a ventidue, di cui tre negli ultimi cinque anni


di Giuseppe Parolari


LEDRO. Dieci nel 1995, sedici nel 2005, ventidue nel 2015: è la crescita lenta ma inesorabile dei mesoteliomi da amianto in valle di Ledro. Una valle bellissima dove, se non avessero importato per quasi mezzo secolo l’amianto dal Sud Africa per mescolarlo alla magnesia e produrre il “superisolante”, tra i 400 lavoratori della Collotta-Cis e i loro familiari non si sarebbe verificato statisticamente nessun caso di mesotelioma. Invece ce ne sono stati ventidue, tutti mortali, tre negli ultimi cinque anni.

Il mesotelioma è una grave forma di cancro che può ancora essere definita rara, nonostante negli ultimi decenni si sia registrata una crescente incidenza di casi in tutto il mondo a seguito del diffuso utilizzo dell’amianto, in particolare nella seconda metà del secolo scorso. La malattia colpisce in genere dopo un lungo periodo di latenza, che è la distanza tra l’inizio dell’esposizione e il decesso e che, secondo il Registro nazionale dei mesoteliomi, è in media di 46 anni. I mesoteliomi dei nostri giorni sono quindi il frutto di esposizioni ad amianto iniziate nei primi anni ’70. Siccome l’amianto è stato messo al bando in Italia nel 1992, anche grazie alle ricerche in valle di Ledro, quindi 25 anni fa, non c’è da stupirsi se la curva di incidenza dei mesoteliomi è ancora in salita e si dovrà attendere qualche anno prima di vederla scendere.

Il tasso di incidenza dei mesoteliomi si attesta sui 2 nuovi casi ogni 100.000 abitanti l’anno (1 nelle donne, 3 negli uomini), ma vi sono zone in cui si registrano cifre assai più elevate: ad esempio in vicinanza delle cave di amianto di Balangero, nelle città portuali come Monfalcone e Genova dove l’amianto è stato molto utilizzato oltre che caricato e scaricato dalle navi, nelle città delle grandi fabbriche dell’amianto come Bari, Bagnoli, Broni, Casale Monferrato, nella stessa valle di Ledro e in altre aree ancora. Nel Casalese, dove aveva sede la grande industria dell’Eternit che ha provocato un massiccio inquinamento da amianto dentro e fuori la fabbrica con decine di migliaia di esposti, ogni anno e ogni 100.000 abitanti il numero dei nuovi casi di mesotelioma è salito tra la popolazione generale a 16 negli uomini e a 13 nelle donne; ma, considerando i soli lavoratori dell’Eternit, il tasso di incidenza è ancora molto più elevato.

Il dato di Ledro, pur trattandosi di una realtà piccola e fatte le debite proporzioni, è imponente: i 16 casi osservati in soli 9.980 anni/uomo tra i lavoratori della Collotta-Cis, senza contare i 6 casi verificatisi negli esposti all’esterno della fabbrica, portano il tasso grezzo di incidenza dei mesoteliomi a 160, ben ottanta volte superiore a quello medio italiano.

I mesoteliomi hanno poi qualcosa di peggiorativo rispetto agli altri tumori professionali. La regola universale dose-effetto, secondo cui a maggiore esposizione corrisponde maggiore danno, per loro non vale: aggrediscono nella stessa misura sia chi è stato esposto ad alte dosi di amianto sia chi è stato esposto a basse dosi, purché significative. Anche a Ledro purtroppo è così, colpiscono ex lavoratori molto esposti e altri poco esposti, perfino persone che non hanno mai lavorato in fabbrica ma che hanno inalato le fibre all’esterno di essa: è il caso del calzolaio di Molina, che aveva respirato le fibre cancerogene aggiustando per anni le scarpe da lavoro dei dipendenti della Collotta-Cis e cucendo i sacchi di juta che avevano contenuto l’amianto e dal quale erano ancora inquinati; di una donna che da giovane aveva abitato per anni vicino alla fabbrica, respirandone l’aria; di quattro familiari (mogli, figlia, sorella) di altrettanti lavoratori, tutte uccise dal mesotelioma per aver inalato l’amianto mentre spazzolavano i vestiti da lavoro dei loro familiari, pulivano le scarpe da lavoro, dormivano sul cuscino sul quale il marito aveva appoggiato i capelli contaminati dalle microscopiche fibre. Ma non è certo una novità: la letteratura scientifica riporta numerosissimi casi di familiari di lavoratori dell’amianto morti per questa causa.

I 22 decessi per mesotelioma però non bastano. Ad essi si aggiungono 21 morti per asbestosi, malattia pleurica e polmonare causata dall’amianto, e 38 morti per tumori maligni osservati in eccesso a carico del polmone, apparato digerente, sistema linfo-emopoietico, ovaio. Tutti insieme portano a 81 i decessi attribuibili all’amianto della Collotta-Cis, a 1.400 gli anni di vita persi per questa causa, ad un centinaio i casi di asbestosi riconosciuti dall’Inail con relative pensioni di invalidità. Qualcosa di incredibile, se si pensa che tutto ciò si è verificato in una piccola comunità di soli 400 lavoratori dell’amianto.













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