Abusi nella Chiesa in Alto Adige, presentato il dossier: 67 casi accertati
Dal 1964 al 2023. Consegnato il rapporto di 600 pagine elaborato da un gruppo indipendente Le 59 vittime: per lo più minori di età compresa fra gli 8 e i 14 anni. Alta la percentuale femminile La denuncia: «I vertici sapevano e per decenni non hanno reagito». Accusati 41 sacerdoti
BOLZANO. Niente autori isolati o pecore nere, come frequentemente sostenuto prima della svolta del 2010 voluta dal vescovo Karl Golser per affrontare finalmente la questione con la dovuta trasparenza. I vertici della Diocesi sapevano e per decenni nella migliore delle ipotesi non hanno reagito in maniera adeguata. La dimostrazione? Sono 67 i casi di abusi sessuali - accertati dall’indagine indipendente voluta dalla curia bolzanina e presentata ieri - avvenuti negli ultimi sei decenni all’interno della Chiesa altoatesina, con 59 vittime, per lo più minori di età compresa fra gli 8 e i 14 anni. Inusualmente alta rispetto a quanto emerso da altre indagini del genere in area germanofona e non solo, la quota di vittime di sesso femminile, ben il 51 per cento. Risultano 41 i sacerdoti accusati, per 29 dei quali le prove risulterebbero più che concrete, mentre per altri 12 i fatti non si sono potuti confermare con la necessaria certezza. Ma questa sarebbe solo la punta dell’iceberg di un fenomeno assai più esteso. Di cui la Chiesa altoatesina sapeva, tanto che dei 67 casi ora considerati, il 43 per cento era noto ai vertici diocesani, in particolare vescovi e vicari, già prima del 2010.
Bolzano: la prima e finora unica
Tra le duecento diocesi italiane, la curia bolzanina è la prima e finora unica ad avere commissionato un’indagine - per di più esterna e approfondita - sugli abusi sessuali nei confronti di minori e persone vulnerabili. I risultati sono stati presentati ieri mattina dagli avvocati Ulrich Wastl e Nata Gladstein alla stampa, allo stesso vescovo Ivo Muser e al vicario generale Eugen Runggaldier, cui è infine stata consegnata copia del corposo dossier, di oltre seicento pagine. Il report riguarda il periodo dal 1964, anno di istituzione della diocesi di Bolzano-Bressanone, e il 2023, quando è stato conferito l’incarico. L’indagine è stata condotta dallo studio associato Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera, che da tempo si occupa di indagini e revisioni critiche di casi di abusi nella Chiesa germanica, spagnola e portoghese.
Indagine trasparente
I legali bavaresi lo hanno più volte ribadito. Così Wastl: «Grazie soprattutto prima al vescovo Golser e poi al vescovo Muser e al vicario generale Runggaldier, si è avviato un percorso encomiabile», di cui l’indagine non è né l’inizio né potrà e dovrà essere la fine, perché fondamentale è sviluppare strategie volte a prevenire casi futuri, dato che, come dichiarato dallo stesso Muser a fine presentazione, «vogliamo che la Chiesa sia un luogo sicuro, soprattutto per i bambini, i giovani e le persone vulnerabili».
Il metodo
I legali hanno approfondito la questione abusi su quattro fronti. Si è partiti da una introduzione di carattere generale, diciamo teorica, basandosi anche su altri studi internazionali del genere. È seguita la parte pratica. In primo luogo la consultazione degli incartamenti, negli archivi della Diocesi, ma non solo; si sono consultati anche quelli di ordini religiosi, conventi, collegi, seminario. E gli inquirenti non hanno in questo trovato ostacoli, se non una certa diminuzione della quantità di incartamenti disponibili più si andava indietro nel tempo. A seguire, si sono intervistati i vertici e i funzionari della Chiesa altoatesina, in totale una ventina di persone. Infine, si sono cercati e ascoltati i testimoni e le vittime dei casi concreti, la parte più delicata. Per questo motivo, anche per non rivittimizzare le persone incorse in abusi da parte di sacerdoti, niente nomi, niente luoghi precisi, niente anni precisi. Quanto meno nel dossier consegnato alla Curia, ma pubblicato e consultabile da chiunque sul sito web della Diocesi. In Alto Adige, ha spiegato Gladstein, «tutti si conoscono, e le precisazioni avrebbero rimesso al centro dell’attenzione le vittime». Ciò non significa che i fatti non siano stati documentati con precisione nel loro sviluppo temporale, compreso quello delle (spesso mancate) reazioni correttive da parte dei vertici diocesani.
Un sistema che non funzionava
Carenze sistemiche, le chiama lo studio legale bavarese. Come si sono riscontrate ovunque, in Europa. E nel resto del mondo. Fra queste, anche nell’ambiente dei chierici altoatesini si sono rilevate diverse criticità. Wastl cita: «Immaturità sessuale e mancanza di strategie nell’affrontare la propria sessualità; sopraffazione derivante dagli obblighi di servizio e conseguente isolamento dei sacerdoti; tabuizzazione e connotazione negativa della sessualità in sé nell’etica della Chiesa, e conseguente impotenza verbale e operativa dei responsabili chiamati sostanzialmente a eliminare tali malcostumi; clericalismo interno e sistemi di alleanze maschili; timore dello scandalo e di macchiare la Chiesa, nonché correlato rifiuto di riconoscere le conseguenze indicibilmente tristi vissute dalle persone abusate; carente cultura dell’errore; clericalismo laicale; prospettiva localmente ristretta dei fedeli».
Le raccomandazioni
Come più volte ribadito ieri dai legali germanici, a colpire è che almeno fino al 2010 in provincia non si era riconosciuto adeguatamente il fenomeno degli abusi e che questo ha portato in primo luogo a ignorare chi più di tutto ciò aveva sofferto: le vittime.
Negli ultimi anni, anche grazie alla presa di coscienza della Chiesa altoatesina e delle varie azioni intraprese, la situazione è mutata; gli abusi, se non scomparsi, sono drasticamente diminuiti. «Un fatto che dovrebbe fare riflettere la Chiesa tutta, anche del resto d’Italia», ha detto Wastl. Il quale ha raccomandato alla Diocesi di «rafforzare le persone offese attraverso l’istituzione di una rappresentanza di interessi indipendente e la creazione di un organismo di intervento indipendente, per una netta separazione tra lo sportello di contatto, il centro di ascolto già esistente, il servizio specialistico per la prevenzione e un’unità di nuova creazione destinata ad occuparsi di indagini e revisione critica».