Ciao Pier, uomo libero e coraggioso
L'omaggio, intimo, dolente e commosso, a Piergiorgio Cattani, del direttore del "Trentino" Paolo Mantovan. Uomo di cultura e di grandi ideali civili, Cattani è scomparso nella sua abitazione per un malore improvviso all'età di 44 anni
Ciao Piergiorgio, amico caro. Ciao Piergiorgio, grande uomo, capace di ascoltare gli altri, di immedesimarti nei problemi altrui, tu, che guardavi tutti dalla carrozzina, con il respiratore. Chiedevi. Ascoltavi. Cercavi di capire. Poi parlavi tu. Solo dopo, tu.
A volte sentenziavi, a volte ponevi altre domande, cercavi in ogni caso di confrontarti. E sempre sorridevi. Sempre. Malgrado tutto. La tua malattia (la distrofia muscolare di Duchenne, che colpisce seimila persone in Italia) ti ha reso disabile fin dall'infanzia e così venivi sempre considerato un "eterno bambino", soprattutto nel mondo sanitario e assistenziale, eppure non sei mai stato neppure ragazzo: questa tua sorte ti ha reso adulto subito, non ti ha concesso una crescita graduale, ti ha messo di fronte all'inafferrabile. E la tua intelligenza, così vivace e volonterosa, si è allargata in luoghi sconosciuti ai più: ti chiedevi di ogni cosa il perché, indagavi ogni possibile risposta, non ti accontentavi mai e, soprattutto, ti sporgevi oltre i limiti che noi ci poniamo, superavi qualsiasi paura. Anche quando la paura l'hai vissuta per davvero. Ricordo il libro "Guarigione" (edito da "il Margine"), un volume eccezionale, che aveva il ritmo e le emozioni di un thriller dentro l'ospedale dove per ben tre volte ti eri visto la morte in faccia (tra il settembre del 2014 e l'aprile del 2015) e dove per tre volte eri "risorto", un thriller che era anche una gimkana fra sofferenze, speranze e sentimenti che scuotono l'anima e affollano il cervello di domande. Un libro di una profondità straordinaria, che disegnava l'ospedale (il Santa Chiara) come un carcere, dove c'era un'infermiera che chiamavi "il caporale". Io ti chiesi: perché? Mi rispondesti: «Quando entri in ospedale smetti di essere un cittadino normale e diventi soltanto un malato o addirittura un numero. Il tempo assume altre dimensioni: pare che di te ci si occuperà chissà quando. Sei valutato come una macchina che non funziona, l'unico elemento da valutare è il corpo. Il problema è che la medicina rischia di ridurre la persona al suo corpo, che per un disabile, poi, vuol dire ridurre a molto poco». Ma nonostante queste analisi così crude e senza peli sulla lingua, hai sempre proseguito la tua strada con tanta speranza. Come se fossi in cammino, verso la verità. Sostenuto da una grande fede, certo, eppure ogni giorno ti assalivano i dubbi e tornavi a indagare il senso ultimo della vita, eri costantemente alla ricerca, pervicace e tormentata. Forse è stata proprio questa l'energia che ti ha tenuto tra noi così a lungo, nonostante l'aspettativa di vita per chi ha la tua malattia sia molto più breve. Certamente è per questo che in alcuni casi le tue analisi potevano apparire dei sermoni un po' troppo intransigenti. Ma erano il concentrato di un pensiero profondo, che non lasciava nulla al caso e che, soprattutto, era animato da una passione civile e un amore per gli altri che si riconosce in pochissime persone.Ecco perché ci mancherai tanto, caro Piergiorgio.
Ecco perché il Trentino perde con te una risorsa straordinaria per riuscire a guardare verso il futuro. Sei stato una vedetta per tutti noi. Sei stato coscienza critica. Sei stato un molestatore dell'ignoranza. Sarai per sempre un monito a guardare con fiducia, malgrado tutto. Ciao!