Alcuni appunti per domani
Sanità, case di riposo, turismo, imprese, filiera corta: qualche spunto per provare a immaginare il futuro in Trentino dopo l'emergenza. E per uscire da un modello neoliberista ormai incompatibile (e disumano)
La clausura per contrastare il virus continua ed è necessario, anzi è “obbligatorio” usare questo tempo anche per organizzarci il futuro; facendo tesoro di ciò che stiamo capendo ora e tenendo presente che una pandemia potrebbe anche ripetersi. Dobbiamo iniziare a organizzarci mentalmente, prima di tutto, ma è il caso di metter giù alcuni punti fermi. Se in un primo momento abbiamo capito che nulla potrà essere come prima, ora dobbiamo guardare a che cosa possiamo fare. Il virus, rivelandoci tutta la nostra fragilità, ci ha fatto riscoprire l’importanza di soddisfare i bisogni rispetto ai desideri: più passano i giorni più è chiaro che abbiamo bisogno di umanità e, insieme, di ciò che è essenziale. E per arrivare a questo occorre ricostruire un senso di comunità: difficile ma necessario. A partire da questi pilastri si può ragionare già su alcuni temi che si sono resi evidenti attraverso la cronaca di questi giorni, sia per quanto riguarda l’Italia e l’Europa, sia per quanto riguarda il Trentino. Noi proveremo a concentrarci - attraverso il lavoro di informazione di questo giornale - sul Trentino, in uno sguardo che tenga conto di tutte le dimensioni della nostra cittadinanza: italiana, europea e, appunto, trentina. E allora mettiamo giù alcuni appunti. Perché siano spunto di riflessione e di condivisione.
- Sanità
Partiamo dalla prima questione: la sanità. Qui sembra chiaro ormai che non possiamo affidare al mercato la salute dei cittadini. Le politiche “insane” di rendere “azienda” la sanità sono il frutto degli ultimi venti-trent’anni di neoliberismo aggressivo (interpretati sia dalla sinistra che dalla destra). Un neoliberismo che ha portato la salute pubblica e gli ospedali ad essere gestiti appunto come aziende e i pazienti, di conseguenza, come merci. È per questo che sentiamo anche il nostro direttore dell’azienda sanitaria o l’assessore alla salute in videoconferenza parlare di “performance” del sistema sanitario o di “offerta” degli ospedali. La salute non è business e non può essere gestita così. Ora abbiamo capito che non solo non dovremo fare tagli, ma pure investirci in sanità. Dovremo passare da quel pugno di letti di rianimazione non certo ai cento di oggi, ma almeno ad alcune decine in più. Così come abbiamo riscoperto il valore degli ospedali di valle: valore che non dipende dai punti nascite (dove occorre sicurezza, come per le terapie intensive, negli ospedali più attrezzati) ma come luoghi di primo soccorso e di convalescenza. E insieme abbiamo capito che è necessaria una medicina di base all’altezza della situazione: con professionisti che non siano costretti a lavorare a mani nude e che non siano più semplici burocrati.
Quanto ai bilanci e alle manovre statali e locali, proprio su questo saranno giudicati: non semplicemente a causa di ciò che viviamo oggi, ma sulle pretese che anche in futuro avranno i cittadini. Sullo stesso piano ecco allora la sanità privata: se si punta sull’ospedale pubblico, l’unico a saper dare una risposta vera, bisognerà ridurre al minimo il privato, perché è cresciuto (a dismisura) nella speculazione delle riduzioni del pubblico.
- Le case di riposo
Poi ci sarà la partita di Rsa e case di riposo che sarà assolutamente da rivedere. In profondità. Avevamo capito benissimo, anche se fingevamo di non capirlo, che erano un fallimento dal punto vista umano (dettato dalla nostra frenesia da pil neoliberista che scarta dalla società tutto ciò che è un peso): ora abbiamo capito che sono un problema grave anche dal punto di vista sanitario.
- Il turismo
Per ripartire su questi versanti sarà necessario rimettere in moto l’economia, trasformandola radicalmente. E la trasformazione, oltre che necessitata, avrà bisogno della fantasia di chi già è produttore o imprenditore. Guardiamo al settore che più ci tocca da vicino: il turismo. È un motore d’impresa ed è al tempo stesso un grande serbatoio di posti di lavoro. Qui siamo di fronte a scenari completamente nuovi. Lo ha spiegato bene ieri il professor Umberto Martini nell’intervista rilasciata a Luca Petermaier. Non avremo più il turismo di massa. Almeno per un po’ (quindi ecco già ampiamente superata la riforma delle Apt dell’assessore Failoni che prevedeva ambiti in base ai milioni di presenze). Il ritorno di turisti sarà verso luoghi che non prevedono assembramenti, magari in una prima fase indossando mascherine. Paradossalmente saranno avvantaggiate zone con poche strutture ricettive, mentre diverranno centrali per dare una ripartenza le seconde case, un tempo maledette e che ora invece permetteranno un turismo con “distanziamento sociale”, soprattutto in estate.
- Imprese e filiera corta
Poi, ovviamente, sarà necessario rivedere molte cose anche sul piano produttivo. La delocalizzazione, tanto per toccare un tasto caro alle imprese, si è dimostrata una vera iattura nel momento topico dell’emergenza sanitaria, perché le mascherine, per esempio, erano state totalmente consegnate dal mercato al basso costo di produzione di Cina e India. Qui ora abbiamo riconvertito alla produzione di mascherine alcune imprese, ma sarà necessario per il futuro prevedere delle produzioni intercambiabili anche in loco: sarà necessario cioè mettere in piedi una filiera corta della produzione (non solo di mascherine, ovvio).
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Queste non sono delle sfide o delle scommesse. Queste sono delle prospettive rispetto alle quali non potremo tirarci indietro. Non solo per affrontare eventuali pandemie, ma perché tutto il modello è stato messo in crisi e perché i cittadini pretenderanno delle risposte certe su alcuni punti o perché - psicologicamente - non saranno più disponibili a comportamenti su cui si fondava il mondo precedente. Noi qui mettiamo degli appunti, come spunti di riflessione (e li seguiremo con la cronaca) perché crediamo che ciascuno debba dare il proprio contributo e li sottoponiamo a chi ci governa e a chi sta all’opposizione in Trentino, perché elaborino delle idee per ripartire. E costruiscano dei caposaldi per domani. Abbiamo già una gran voglia di muoverci e di abbracciarci, ma siamo e saremo segnati dal virus. E ora, che capiamo quanto bisogno abbiamo dell’altro, dobbiamo organizzarci per affrontare un futuro che si ricostruisca insieme.