la recensione 

Al Melotti le due belle facce della nuova medaglia coreografica

ROVERETO. Due facce della stessa medaglia, quella della nuova scena coreografica giovane, le due idee creative espresse in danza che hanno preso vita venerdì sera all’Auditorium Melotti di Rovereto,...


di Katja Casagranda


ROVERETO. Due facce della stessa medaglia, quella della nuova scena coreografica giovane, le due idee creative espresse in danza che hanno preso vita venerdì sera all’Auditorium Melotti di Rovereto, all’interno dell’appuntamento dedicato ad Anticorpi XL, vetrina e rete dedicata alla giovane danza d’autore. Due spettacoli simili e allo stesso tempo diametralmente opposti, ma comunque strettamente uniti da quel filo conduttore che li rende figli del proprio, nostro, tempo. Un momento storico in cui molto se non tutto è già stato detto e la sperimentazione sta nella capacità di dire qualcosa di originale, pregnante, personale e unico.

La danza c’è anche se spesso è sottintesa, ma si percepisce chiaramente, anche senza spulciare le biografie che riportano studi, competenze, esperienze, riconoscimenti, che linee e disciplina potrebbero dominare la scena.

Ma l’esigenza è altra. E’ quella di raccontare qualcosa, di lasciare un messaggio. Sono solo quindici minuti, quelli con “P!nk Elephant” di Siro Guglielmi, ma sono sufficienti per entrare nel suo mondo, apprezzarne il linguaggio, seguire il suo ritmo, assaporare le musiche scelte e lasciarsi trasportare nel suo immaginario. Incalzante e capace di continui cambi di regime, il lavoro di Guglielmi è leggero ed incisivo al contempo, sempre ricamato e in dialogo con le musiche di Alessio Zini e Cristiano de Palo. Danza e ricerca di linee, movimenti che tornano in un corpo protagonista in scena.

Altro “viaggio” quello adottato da Simone Zambelli in “Non ricordo”. La ricerca è più teatrale e si aiuta trasformando il palco in un palcoscenico che “veste” con oggetti, così come veste il proprio corpo in abiti di una taglia, se non di più, più grande di quella che è la sua misura. Teatralità giocata con luci che si accendono e spengono, oggetti, come le candele che accende, la valigia da cui esce una scorta di coriandoli che volano tutt’attorno a lui, un telefono che squilla, una voce con cui dialoga.

Ironia e talento che avrebbero meritato un pubblico un po’ meno di nicchia e molta più curiosità.

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