arte

La costumista che rilegge la storia

Fin da bambina Giordana Luchesa era appassionata di cucito, ha abbinato gli studi al mestiere di insegnante e oggi è un’apprezzata professionista nella realizzazione di costumi d’epoca 


Elena Baiguera Beltrami


TRENTO. Lo studio, la ricerca storica, la passione sartoriale rappresentano la molla che ha permesso a Giordana Luchesa di conseguire negli anni tre professionalità: costumista, modellista, sarta teatrale, che spesso utilizza all'unisono. Appassionata di cucito fin da bambina, per lungo tempo ha alternato all'insegnamento alla scuola materna, il confezionamento di abiti su misura. Giordana però voleva andare oltre l'abito "tout court" il suo sogno era confezionare e mettere in scena costumi d'epoca e per anni ha cercato un percorso di formazione e di studi che potesse darle gli strumenti necessari per diventare costumista e sarta teatrale.

Quando si è presentata l'opportunità?
Ho cercato questo percorso come un assetato cerca un'oasi nel deserto e alla fine nel 2005 l'ho trovato. Era un corso sul design sartoriale che faceva proprio al caso mio. È stato uno sforzo enorme in termini di conciliazione con il lavoro di insegnante, ma era ciò che avevo desiderato da sempre, ho appreso tutte le nozioni teoriche e pratiche sul design del costume e l'ho portato a termine con entusiasmo. Finalmente avrei potuto aprire la mia sartoria teatrale. In Trentino abbiamo borghi e centri storici dove le rievocazioni in costume rappresentano non soltanto un'attrazione turistica, ma una crescita culturale per le comunità.

Ha avviato da sola il lavoro della sartoria teatrale?
Ho potuto contare sull'aiuto di mia figlia Diletta, infatti il nostro atelier si chiama "Flaym couture"; lei era più attratta dal confezionamento di abiti moderni, ma insieme abbiamo fatto una bella squadra per lungo tempo. Da noi vengono anche ragazze che vorrebbero rimettere a modello l'abito da sposa della mamma, o della nonna, rimanendo fedeli alla tradizione. Noi ci limitiamo a adattare il tutto a misure diverse e a nuove esigenze, soprattutto per quanto concerne le cerimonie, anche in questo caso c'è uno studio molto interessante. Ma la cosa più interessante è stato entrare in un mondo quello delle rievocazioni storiche che nel tempo ha costruito una propria dimensione strutturata.

In che senso?
Prima nell'associazione Antico Rango e poi con il Corist (Coordinamento Rievocatori Storici Trentini) all'interno dei quali sono stata una delle socie fondatrici, abbiamo costituito 22 gruppi sparsi in tutto il Trentino che si attivano quando vengono allestite rievocazioni storiche. Ogni gruppo è specializzato in epoche diverse e quando veniamo chiamati per una rappresentazione teatrale, una rievocazione, il set di un film, spesso anche su richiesta di Trentino Film Commission, si muove il gruppo che più risponde alle esigenze di costume dettate dal copione e dalla regia. Spesso ci prestiamo anche come comparse, io l'ho fatto diverse volte. Nei vari gruppi ci sono professionalità formate in ambito consumistico, più raramente in ambito sartoriale, per questo mi capita di ricoprire tutti e tre i ruoli.

Lei è reduce da un intenso lavoro al Carnevale Asburgico di Madonna di Campiglio che quest'anno ha riscosso un grande interesse sui media anche internazionali.C'è un suo contributo in questo?
Appunto perché si tratta di una rievocazione storica, con Apt Madonna di Campiglio, proprietaria dei costumi, abbiamo cercato di dare un taglio che fosse il più fedele possibile all'epoca delle visite degli Asburgo, abbiamo usato criteri molto rigorosi, sia per quanto concerne i costumi, che sull'aspetto scenografico. Il Martedì Grasso, durante il thé con Sissi ho proposto un breve racconto sull'evoluzione del costume in Italia che è stato molto apprezzato. Al ballo dell'Imperatore all'interno dello splendido salone Hofer rimasto com'era all'epoca, hanno partecipato oltre cento persone. Dove la storia è passata occorre rispettare il contesto. Al Carnevale di Venezia tu puoi girare come vuoi per la città, ma se partecipi al ballo del Doge è di rigore il costume settecentesco, perché anche quella è una rievocazione storica.

Che ruolo riveste l'evoluzione del costume nello studio della storia?
I giovani sono affascinati dal costume, mi capita spesso di andare nelle scuole a dare lezione di "didattica dell'abito storico", sia nelle scuole del primo ciclo che alle superiori. I ragazzi e soprattutto le ragazze, sono molto interessate al costume, perché è evocativo, coinvolge la sfera delle emozioni, entri nel contesto storico con un coinvolgimento diretto e ciò che apprendi resterà per sempre nella memoria. La scuola a mio avviso dovrebbe puntare molto a muovere le emozioni.
Durante la mia carriera di insegnante, se pur alla scuola materna, sono riuscita a trarre grandi soddisfazioni dal mio lavoro proprio grazie a questa impostazione della didattica.













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