Combinata nordica Pittin è ancora l’unico azzurro da podio

L’allenatore fiemmese Chenetti: dopo l’ultimo incidente ha recuperato nel salto ma è ancora solo all’80% nel fondo


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Non è un Giuseppe Chenetti con il morale alle stelle quello che ieri abbiamo beccato al telefono in Austria, intento a guidare al rientro dalla trasferta di Coppa del Mondo di Sochi. Il tecnico moenese, già alla guida di Zorzi & C. ai trionfali Giochi olimpici di Torino 2006, è l’allenatore dei combinatisti azzurri per il fondo. Il nono posto nella staffetta a squadre (Armin Bauer, Lukas Runggaldier, Samuel Costa e Mattia Runggaldier) a 4’30” dalla vincitrice Germania non può soddisfare il poliziotto fassano. Del resto, pur sperando in un exploit del gardenese Lukas Runggaldier, lo stesso Chenetti sa che l’unica carta vincente in mano all’Italia è quella di Alessandro Pittin, il finanziere friulano capace di salire sul terzo gradino del podio ai Giochi di Vancouver e di vincere tre volte in tre giorni in Coppa del Mondo, come successe nel gennaio del 2012 a Chaux-Neuve, proprio in casa del campionissimo francese Lamy Chappuis.

Poi però arrivarono le cadute, gli infortuni e con questi i dubbi di un recupero pieno del 23enne di Cercivento, comunque sempre più a suo agio sul trampolino piccolo che su quello grande ma capace poi di straordinarie rimonte nel fondo.

Chenetti, le è piaciuto il sito olimpico?

«È una bella località, ma è ancora un cantiere».

Parliamo di cose serie: come sta Pittin?

«È in ripresa, sta ogni giorno meglio, ma non è ancora pienamente competitivo. Diciamo che è al 95% per il salto e all’80% nel fondo».

Non è un po’ un paradosso, viste le sue caratteristiche?

«Sì, ma considerato quello che è successo è normale - prosegue il tecnico delle Fiamme Oro – Ha tolto il gesso da poco e gli manca forza non solo nel braccio che aveva rotto, bensì in tutta la parte superiore. In più, deve ancora fare dei lavori di qualità. Salta già sufficientemente bene, rispetto a quelli che sono i suoi standard, il problema in questo momento è proprio il fondo».

Allarghiamo lo sguardo al resto della squadra: è ancora presto per parlare di convocazioni ai Mondiali?

«Sì, arriveranno tra una decina di giorni. Considerando che dobbiamo schierare quattro atleti nelle gare individuali, quattro nella staffetta e due nella team sprint, il nostro direttore tecnico abbisogna ancora di qualche verifica, che faremo nella tappa slovena di Continental Cup».

La tensione, invece, immaginiamo che non manchi...

«È un po’ tutta la stagione che ci stiamo concentrando su questo aspetto, cerchiamo di lavorare con tranquillità».

Oltre a Pittin, su chi possiamo confidare?

«Gli unici piazzamenti sono il decimo ed il 17esimo posto di Lukas Runggaldier. Lui ha un grosso potenziale, dipende tutto da come si alza al mattino. Purtroppo, tolto Pittin, non abbiamo una continuità di risultati sui quali basare concrete speranze di medaglia».

Chi si presenterà in Val di Fiemme con i favori del pronostico?

«Il nome è quello del tedesco Frenzel (quattro vittorie in gennaio), ma da qui a venti giorni può cambiare tutto. Lamy sembra in calo, ma la flessione potrebbe essere dovuta ai carichi di lavoro. I norvegesi Moan e Kokslien si stanno nascondendo. E attenti anche all’austriaco Gruber».

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