Università, Dellai: «La riforma Gelmini è innovativa, per noi rappresenta un'opportunità»
Il governatore del Trentino (Api) difende il decreto del governo ("uno dei pochi atti riformisti") mentre a Trento prosegue l'occupazione della facoltà di Sociologia da parte degli studenti (Leggi il loro diario)
TRENTO. «La riforma Gelmini, con questa protesta, c'entra come i cavoli a merenda. La mobilitazione degli studenti è generata da tensioni e inquietudini più profonde, ma con certe azioni finiscono per difendere un desolante "status quo" contro uno dei pochi atti "riformisti" di un governo restio ad operare innovazioni vere». Il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, commenta così la contestazione studentesca che ha portato all'occupazione di Sociologia.
Un'occupazione che è continuata (leggi il diario dell'occupazione di Sociologia) tra assemblee, dibattiti e qualche lezione sospesa spontaneamente dai docenti. Oggi gli studenti decideranno se continuare la prossima settimana, anche se il preside della facoltà, Bruno Dallago, si augura che l'esperienza possa concludersi già stasera. Intanto, sulla mobilitazione studentesca interviene anche il presidente Lorenzo Dellai.
Presidente, la protesta universitaria che ha toccato molte città italiane, s'è accesa anche a Trento. Prima con il blitz all'inaugurazione dell'anno accademico (FOTO - VIDEO), poi con l'occupazione di Sociologia (FOTO). Come giudica queste azioni?
Credo che la riforma Gelmini, con queste proteste, c'entri come i cavoli a merenda. La protesta è originata da più profonde tensioni ed è radicata su ben più strutturali inquietudini. In questo senso, governo e studenti in piazza non si possono capire perché sono su due piani diversi. Il Ministro parla di efficienza, di regole nuove per gli atenei, di trasparenza nell'organizzazione delle risorse. I ragazzi in piazza esprimono incertezze intime e profonde, temono che il loro futuro sia carico di precarietà e di insicurezza. Avvertono che siamo in un ciclo storico nuovo, nel quale la competizione sarà più spietata. Fiutano che le protezioni che hanno garantito le generazioni passate, quanto meno dal dopoguerra in qua, sono affidate a equilibri finanziari sempre più instabili e si confrontano con dinamiche sociali e demografiche sempre meno rassicuranti. Alla luce di questo serve qualcuno che si assuma la responsabilità di parlare con sincerità e verità a questi ragazzi. Serve una politica capace di prendere per mano i cittadini, in particolare i giovani, e condurli oltre le paure e le inquietudini su una strada che è tutta in salita, ma che è l'unica possibile.
La paura di questi giovani, però, sembra essere generata soprattutto dai tagli alla formazione.
La questione delle risorse finanziarie va posta con forza, pur nella consapevolezza del drammatico momento della finanza pubblica e che mettere semplicemente soldi dentro un sistema, senza migliorarne efficienza ed efficacia, non è opera di per sé virtuosa e lungimirante.
E la riforma Gelmini migliora l'efficienza e l'efficacia del sistema?
Capisco che viviamo nel tempo delle grida e degli slogan, ma vorrei tentare un ragionamento senza pregiudizi. Questa riforma, in origine, era uno dei pochi atti riformisti di un governo piuttosto restio ad operare innovazioni vere. Un primo, timido, anche contraddittorio, tentativo di invertire la rotta di un sistema accademico pesantemente condizionato da autoreferenzialità, corporativismo, scarsa attitudine al dinamismo e alla competizione. Sulle questioni della governance, del merito, del rapporto libertà didattica - ricerca, sulla responsabilità nell'uso delle risorse, si provano a dare delle risposte. Certo, troppo timide, con pochi strumenti, e soprattutto pochi soldi. E' per questo semmai che andrebbe contestata la riforma. Non per altro.
Insomma, la protesta le sembra esagerata?
Vede, una volta gli studenti scendevano in piazza "per" e non "contro" i cambiamenti. Oggi, mentre sfilano lanciando esigenti parole d'ordine che denunciano un "futuro scippato", finiscono di fatto per difendere un desolante "status quo", desolante soprattutto per loro e, appunto, per il futuro loro e dei loro fratelli minori.
Non sono però solo gli studenti a protestare. Anche il leader del Pd, Pierluigi Bersani, è salito sul tetto de La Sapienza contro il disegno di legge...
E' vero. Nel paese c'è una grande confusione che non risparmia nemmeno il centro-sinistra, salito sui tetti contro una riforma che parte da tesi innovative proposte in passato da molti suoi autorevoli esponenti. Ma su questo preferisco sorvolare per carità di schieramento...
Oltre alla riforma nazionale, gli occupanti di Sociologia criticano anche la "provincializzazione dell'ateneo". Temono che con la delega alla Provincia l'Università possa restare isolata dal resto del sistema. Cosa si sente di rispondere?
Che ottenere la delega che riguarda l'Università è stato un atto di responsabilità. Sapevamo che ci sarebbe costato tante risorse e, soprattutto, che ci saremmo messi nei "guai", ma questo è il compito di una leadership non di plastica, che non abbia paura di nulla se non di tradire l'esigente mandato ricevuto dalla comunità. Un mandato che comporta il rischio di "guardare avanti". A Trento, fortunatamente, abbiamo tradizioni, competenze e credibilità scientifiche conquistate sul campo, idee, progetti, collegamenti internazionali, risorse finanziarie che la politica non intende usare per altre cose, magari a più rapida resa elettorale. Abbiamo tutto quello che ci consente di fare, con l'urgenza imposta da questa fase storica, passi molto più coraggiosi rispetto a Roma, rendendo, così, meno forte e acuta la paura di futuro dei giovani. In un momento italiano e mondiale come questo, sciupare questa occasione o depotenziarla, per qualsivoglia ragione, politica o di categoria, sarebbe immorale ed irresponsabile.
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