Tisi: spezzare le catene del mobbing sociale
Nell’ omelia di Pasqua il vescovo ha posto l’accento anche su disagio e dipendenze, spesso trascurate
TRENTO. Spezzare le catene del mobbing sociale, quello che giudica e incasella, emettendo su tutto e su tutti sentenze senza appello. Nell'omelia della domenica di Pasqua l'Arcivescovo ha messo in guardia contro uno dei mali di questo tempo: "un’esistenza che, spesso, appare più come un sepolcro, piuttosto che l’habitat della vita”. Davanti ai fedeli ha spiegato: «Sulle ragioni del disagio esistenziale si sorvola, nessuno si interroga e si fatica a dare credito a chi propone spazi di rilancio e di fiducia. Fanno impressione i dati sulle varie dipendenze, da cui nessuna età è esclusa. Ma ben poco ci si avventura nel cercarne le cause e individuare vie d’uscita. Talvolta sembra che abbiamo più paura della vita che della morte. Risurrezione – ha proseguito ancora il vescovo di Trento- è l’onestà personale che ci invita a essere irreprensibili e sobri. Risurrezione è il tesoro prezioso di relazioni sociali costruite sull’ospitalità, la non violenza, la generosità, la sincerità. Risurrezione è spendersi per una comunità». La Resurrezione, simbolo di un possibile nuovo inizio, dunque. Messaggio più che mai contemporaneo così come lo sono anche i “mali” moderni che affliggono l’uomo di questo tempo «La Risurrezione non è solo la rivitalizzazione di un corpo morto, ma è la messa a nostra disposizione della vita di Dio che noi possiamo toccare e incontrare nella persona di Gesù". Un messaggio di speranza e un invito a svegliarsi da un torpore che si nutre di isolamento, di confronto su piazze lontane dalle realtà. Un mondo multimediale che, come ha detto più volte e in varie occasioni il vescovo, è bello ma può anche essere pericoloso. Una chiusura in un mondo che, appunto, sentenzia senza lasciare spazio alla difesa. Per questo la parola “dipendenze”, nelle parole di monsignor Tisi, assume molteplici significati. Le dipendenze hanno molte forme e molte cause: pochi coloro che cercano le cause vere di questi drammi personali, ancora meno quelli che insistono per trovare delle vie d’uscita. «Risurrezione è l’onestà personale che ci invita a essere irreprensibili e sobri. Risurrezione è il tesoro prezioso di relazioni sociali costruite sull’ospitalità, la non violenza, la generosità, la sincerità. Risurrezione è spendersi per una comunità. Colpisce l’annotazione di Marco che a invitare le donne a non aver paura sia un giovane: “Videro un giovane ed ebbero paura”. Come ci ha ricordato il Papa, far tacere i giovani è una tentazione sempre presente. Il nuovo, l’innovativo, il cambio di passo mette paura e disorienta. Dal cuore dei giovani passa la Risurrezione. La Risurrezione è la messa a nostra disposizione della vita di Dio che noi possiamo incontrare nella persona di Gesù».