Subaru chiude i cancelli, esplode l’ira / VIDEO

Amara sorpresa per gli impiegati che da ieri sono in assemblea permanente. La Cgil: «Ipotizziamo condotta antisindacale»


di Nicola Filippi


ALA. Cancelli chiusi e luci spente allo stabilimento Subaru Italia spa in Largo Negrelli. Un colpo di scena inaspettato, paragonabile ad un nuovo schiaffo morale e fisico, per i lavoratori del colosso automobilistico giapponese. Ieri mattina una parte di loro si era radunata davanti ai cancelli per il primo (dei quindici) giorno di assemblea permanente (deciso venerdì sera dopo l’incontro infruttuoso a Confindustria con il presidente di Subaru Italia, Toshiki Kageyama), per protestare contro la decisione - tout court - di trasferimento degli uffici amministrativi da Largo Negrelli di Ala a viale Certosa di Milano. Nessuno dei lavoratori si aspettava una contromossa simile da parte dei dirigenti della Subaru Italia: sia quelli che intendevano aderire allo sciopero di due settimane, sia quelli (pochissimi, per la verità) che ieri mattina erano pronti a timbrare il cartellino di lavoro. Come Giorgio Zendri, uno dei dipendenti del reparto ricambi che non è interessato al trasferimento di sede, uno dei più anziani nell’azienda: «Io lavoro in Subaru Italia da 26 anni. Alle otto meno dieci ero davanti ai cancelli per andare in magazzino, come faccio tutti i giorni. Invece ho trovato tutto chiuso». Il dipendente che aveva il compito di aprire gli uffici e il cancello invece era in sciopero, «ma nessuno dei dirigenti che possiede le chiavi per aprire lo stabilimento si è fatto vedere», spiega Zendri. I telefoni cellulari del direttore Vicenzi e degli altri dirigenti dello stabilimento erano muti. A questo punto, la contromossa dell’azienda giapponese è stata palese: stabilimento chiuso. Punto e a capo. E la protesta dei lavoratori alense è diventata più forte.

Assemblea permanente. Quattro sedie, un tavolo di plastica, alcune panche: così ieri mattina, i lavoratori avevano deciso di protestare davanti al cancello dello stabilimento. Un presidio colorato dalle bandiere rosse della Fiom Cgil. Sopra i due sottopassi alcuni striscioni: «Non siamo ricambi Subaru. Vergognatevi», «Vogliamo Subaru in Trentino», «No al trasferimento di Subaru a Milano», «Subaru resta ad Ala». Maurizio Dalfini, rsu Subaru, è categorico: «Viviamo nell’incertezza più assoluta, anche dopo l’incontro di venerdì sera non abbiamo capito le ragioni vere del trasferimento degli uffici. Siamo considerati come cassonetti usati». «Vogliamo risposte certe, l’azienda non ci ha mai voluto incontrare né ci ha convocato con una riunione per spiegare come stanno le cose», dicono alcuni colleghi.

Esodo forzato. La scelta di delocalizzare gli uffici da Ala a Milano non è vista come una scelta strategica dai lavoratori alensi: «Il nostro è un esodo forzato mascherato da trasferimento, ci vogliono portare allo stremo e costringerci al licenziamento. Ma in questo modo saremmo senza ammortizzatori sociali». La preoccupazione dei 43 lavoratori Subaru è palpabile: «Noi difenderemo con le unghie i nostri posti di lavoro, non siamo cleenex che una volta usati si devono buttare via. Noi abbiamo dato tanto a questa azienda». L’incertezza è assoluta: «Non abbiamo mai ricevuto una copia dello studio di fattibilità che motiva questo trasferimento, perché il cuore dell’automotive è Verona, non a Milano», dicono ancora i lavoratori. Che da domenica pomeriggio sono anche senza account di posta elettronica.

Condotta antisindacale? Michele Guarda, sindacalista Fiom Cgil, arriva verso l’una di pomeriggio, ad Ala. Nel frattempo il presidio dei lavoratori si sposta all’interno della sede Sat di Ala, in largo Giuseppe Vicentini. «Con i nostri avvocati, stiamo valutando l’ipotesi di denunciare l’azienda per comportamento antisindacale, chiedendo la violazione dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori», spiega il sindacalista. «Siamo basiti per il comportamento dell’azienda - spiega Guarda - prima conferma di voler aprire una trattativa e di congelare la propria decisione, poi chiude i cancelli dello stabilimento».

Obiettivo: il bilancio. In Giappone, i bilanci annuali vengono chiusi al 31 marzo, in Italia il 31 dicembre: «L’obiettivo della nostra protesta, la più lunga del Trentino da 30 anni a questa parte, è quella di far sentire la nostra voce fino a Tokyo, pesando sulla chiusura del bilancio», conclude Michele Guarda.

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