Stella: «La vostra autonomia oggi è diventata privilegio»

Perché un maestro trentino dev’essere pagato più di un suo collega


Chiara Bert


TRENTO. «Ci sono fasi storiche in l’autonomia è assolutamente necessaria, altre in cui diventa privilegio». E tra i privilegiati Gian Antonio Stella ci mette anche i trentini. «Bisogna avere il coraggio di cambiare», avverte il giornalista del Corriere della Sera, che in queste settimane sta presentando in tutta Italia il suo fortunato libro «La casta» (scritto a quattro mani con Sergio Rizzo) sugli sprechi e i privilegi della politica.

Stella, nel libro si parla anche degli sprechi delle amministrazioni locali. Come se ne esce?
Va ridisegnata l’Italia. Io sono per l’abolizione delle province e per l’abolizione di almeno una larga parte delle comunità montane. È il modo per tutelare di più la montagna vera, per mettere più soldi sulla montagna che si spopola e toglierne alla montagna falsa, clientelare e insensata. E sono anche per abolire quanti più Comuni possibile: vanno raggruppati, non ha senso che ci siano Comuni con 36 abitanti.

In Trentino i Comuni sono 222.
Appunto. Non ha senso.

Parliamo di autonomie speciali. Quanto si giustifica oggi quella del Trentino e quanto invece è diventata un privilegio?
«Ci sono fasi storiche in cui l’autonomia è necessaria. Ma una volta che il paese si uniforma è ridicolo che un’autonomia resti all’infinito. I tempi cambiano e occorre il coraggio di cambiare. Pensiamo se oggi fosse la California ad essere autonoma dagli Stati Uniti in virtù dei secoli di dominazione spagnola: farebbe ridere.

Secondo lei è tempo di abolire le autonomie?
Renato Brunetta teorizza che vadano tutte abolite, io non sono d’accordo. Con l’Alto Adige per esempio c’è un impegno che va rispettato: non possiamo fare come i giocatori delle tre carte che una volta ottenuto il via libera al «pacchetto» fanno marcia indietro. Ma certo l’autonomia va rivista. Oggi in molti casi non si giustifica più.

Per esempio?
Penso al Friuli Venezia Giulia: ha avuto la sua autonomia perché si trovava schiacciato contro il confine comunista e quindi dal punto di vista commerciale poteva guardare solo ad ovest. Ma oggi quella terra è favorita proprio dall’essere dove sta, lasciargli l’autonomia di prima è impensabile.

Vale lo stesso per il Trentino?
Direi di sì. Il Trentino ha ottenuto l’autonomia per il disegno di diluire la componente tedesca in un contenitore più grande a maggioranza italiana. Una ragione che è venuta meno.

Intanto i Comuni veneti chiedono di diventare trentini. È la conseguenza di una stortura.
Che senso ha oggi che un maestro di Malcesine sia pagato molto ma molto meno di un maestro trentino a 10 chilometri appena di là dal confine? O che un maestro di Storo sia pagato più di un suo collega bresciano? Non ha nessun senso.

La fuga dal Veneto sembra inarrestabile...
Si può fermare mettendo in chiaro col Trentino che un conto è l’autonomia di gestione, altro è che i suoi cittadini siano dei privilegiati. Anche se va riconosciuto che i soldi qui sono stati usati sicuramente meglio che in tante altre parti d’Italia.

La strada è quella del federalismo fiscale?
In questo momento non è possibile: il Trentino non spende solo i soldi suoi, ma anche quelli degli altri. Una riforma federalista deve avere dei contrappesi.

Ieri Corrado Passera al Festival ha parlato di un paese fermo dove non c’è mobilità sociale.
Vero, è un paese bloccato. Io comincerei dall’abolizione di tutti gli ordini professionali, che così come sono oggi sono del tutto insensati. Che senso ha un ordine dei medici che non sospende Sirchia dopo aver scoperto che per 21 anni la sua segretaria era pagata da un’industria da cui comprava prodotti?

Perché non ci si riesce?
Perché manca il coraggio politico.













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