l'editoriale

Solo da educazione e cultura può arrivare la vera risposta

Quando un uomo uccide la propria donna, non c’è solo un problema di giustizia


di Alberto Faustini


Quando un uomo uccide la propria donna, non c’è solo un problema di giustizia. Quando un uomo annienta la propria famiglia - perché il femminicidio di Zivignago lascia dietro di sé, da qualunque punto di vista lo si voglia guardare, anche due figli di fatto orfani - non si tratta solo di trovarlo, di arrestarlo.

Quando un uomo riproduce all’infinito i gesti che ad ogni latitudine armano di una forza assassina troppi maschi incapaci di amare e capaci invece di travestire di finto amore la violenza, l’abuso, il sopruso, la vigliaccheria, la prepotenza, la presunzione, l’arroganza, allora c’è un problema di società.

E oggi non deve interrogarsi solo ogni uomo - potenziale assassino di donne che solo la forza bruta può rendere facili prede di impensabile bestialità -, ma anche ogni donna. Le madri - che sono sempre meno, ma ancora troppe - che hanno insegnato ai loro figli maschi ad essere forti e alla figlie femmine ad essere fragili, in un mondo artefatto, dipinto d’azzurro e di rosa. Le maestre e le professoresse - che sono sempre meno, ma ancora troppe - che hanno trasmesso un’idea distorta di società neandertaliana, piegata dalla e alla violenza. Una società in cui l’uomo è il capo: il più forte e in virtù dei muscoli - per errata e sciocca deduzione - il più intelligente, il più capace o il più saggio. Quello che possiede donne, famiglie, oggetti. E devono interrogarsi le mogli, le fidanzate, le amiche e le compagne - che sono sempre meno, ma ancora troppe - che hanno considerato vero tutto questo e che non hanno saputo opporsi al pensiero dominante. Come molti (troppi) di noi, uomini incapaci di affermare e difendere un’idea diversa di società.

Dal femminicidio di Zivignago usciamo sconfitti un po’ tutti: chi ha aperto gli occhi e chi li ha chiusi; chi immaginava e chi temeva; chi ha rispettato i protocolli e chi ha pensato che questa volta sarebbe andata diversamente, perché l’uomo in questione sarebbe cambiato, avrebbe capito. Ci sono uomini che non capiscono. Perché quando uno di loro, uno di noi, uccide la donna che diceva d’amare - compagna che preferisce saper morta invece che libera, anche d’amare qualcun altro - e quando toglie a due bambini una mamma e un padre, un presente e un pezzo importante di futuro, c’è solo una risposta possibile. Ed è culturale. Finché la cultura e l’educazione ci trasmetteranno (e imporranno) questi modelli, finché la politica finirà sui giornali per quello che fa di notte più che per quello che fa di giorno, finché anche solo un minuscolo pezzo di società - in famiglia, a scuola, in tv... - considererà furbi i delinquenti, forti e freddi i killer e finché ognuno di noi declinerà aggettivi in modo diverso rivolgendosi a uomini e donne, quella di Carmela non sarà “solo” l’ennesima morte annunciata. Sarà l’ennesima morte inutile..













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